mercoledì 27 settembre 2017

THURSTON MOORE

Thurston Moore
Rock n Roll Consciousness
[
Caroline 
2017]
thurstonmoore.com
 File Under: classic rock

di Nicola Gervasini (14/06/2017)
Yuri Susanna nel 2013 su queste pagine definiva i Sonic Youth come i "Rolling Stones del rock alternativo". Giusta definizione per una intoccabile istituzione del rock sotterraneo che ha scritto tutta la grammatica del genere, comprensiva di melodie eteree alternate ad esplosioni post-punk, o lunghe e ipnotiche improvvisazioni chitarristiche accompagnate da momenti di tradizionale scrittura mainstream. Nel sottobosco di band che dal 1981 ad oggi a loro si sono ispirate, nessuno è mai riuscito a ricreare lo stesso suono, semplicemente perché nel gruppo coabitavano due chitarristi inimitabili come Thurston Moore e Lee Ranaldo, la cui importanza anche in termini di innovazione nella tecnica delle sei corde non sarà mai abbastanza lodata.

A differenza delle pietre rotolanti però i Sonic Youth hanno scelto di saltare tutta la parte finale di revival e di interminabili tour nostalgici a cui erano destinati. Oggi probabilmente riuscirebbero a riempire un palazzetto grazie alle credenziali acquisite nel tempo, mentre ai tempi d'oro giravano per insicuri locali ricavati in scantinati, ma all'indomani del poco considerato The Eternal (2009), loro hanno fatto la stessa scelta dei REM: se i nuovi album non interessano più, meglio lasciar stare. Resta però la domanda fatidica: che fare dopo? Kim Gordon si barcamena tra libri e il nuovo progetto delle Body/Head, Lee Ranaldo ha trovato una sua nuova dimensione nei dischi con i Dust, mentre Thurston Moore sembrava quello più indeciso sul da farsi. E tra l'idea di rilanciarsi come cantautore moderno con l'aiuto di Beck (Demolished Thoughts del 2011) e quella di riciclarsi in una nuova sigla (quella dei Chelsea Light Moving, ingiustamente ignorati nel 2013, e dunque già abbandonati), Moore con Rock n Roll Consciousness segue definitivamente la strada più ovvia: rifare i Sonic Youth.

Cinque brani, durate tra i sei e gli undici minuti, lunghe stordenti improvvisazioni, un sound che è quello di sempre, con veementi sventagliate rock (Turn On) e quel suo solito vezzo di fare brani anche di otto minuti basati sulla strofa e su un unico giro di chitarra ripetuti, senza mai un bridge e o un ritornello (Aphrodite). Un po' come i riff di Keith Richards quindi, marchi di fabbrica iper-collaudati e iper-registrati, solo che forse qui siamo ad un bivio: Moore prima dei suoi compagni sembra voler prender coscienza fin dal titolo che l'avanguardia è stata ormai raggiunta dalle retrovie, che non esiste più nulla a cui essere "alternativi", che persino i suoi lancinanti assoli fatti di rumori, pugni sulla chitarra e distorsioni, oggi suonano come puro classic-rock non di meno di un disco dei Fleetwod Mac.

Resta però il tocco da Maestro, e non è poco, perché alla fine Rock n Roll Consciusness potrebbe anche rischiare di diventare il suo titolo solista più rappresentativo. Perché suona come un Daydream Nation tutto suo, e perché in fondo questo rock è giusto che lo faccia lui che lo sa fare meglio di tutti, e non nuovi artisti senza un vero futuro.

domenica 24 settembre 2017

JEFF TWEEDY

Jeff Tweedy 
Together at Last
[dBpm 2017
]
wilcoworld.net

 File Under: I've Got My Own Album to Do
di Nicola Gervasini (18/07/2017)

Together at Last, insieme finalmente. Sa di liberazione, se non proprio di sassolino da togliere da una scarpa, il titolo di questo album solista di Jeff Tweedy, teoricamente il suo primo se si dà credito al fatto che i Tweedy fossero un duo (con il figlio), e quindi l'album Sukierae del 2014 non fosse un progetto solista. Ma questo disco, fatto di vecchi pezzi sparsi nella carriera dei Wilco (anche se Laminated Cat viene dal side-project dei Loose Fur e Lost Love dal super-gruppo Golden Smog) risuonati solo per voce e chitarra acustica come un folker qualsiasi, lo vede riappropriarsi di qualcosa che evidentemente sente essere suo e di nessun altro. E la cosa non sorprende, perché poi in cuor nostro sappiamo che trattasi solo dell'epilogo di un processo già da tempo in atto.

Come dire che questo è già il suo terzo album solista, perché al citato Sukierae potremmo aggiungerci anche l'ultima creatura a nome Wilco (Schmilco), che aveva tutto meno l'aria di essere un disco di una band. E dire che la forza dei Wilco è sempre stata quello di unire tante personalità di rilievo (Pat Sansone, Nels Cline o John Stirratt non sono certo dei semplici session-men), ma evidentemente Jeff si deve essere stancato. Sarà che l'ultimo prodotto "democratico" (Star Wars del 2015) non aveva esaltato nessuno, tantomeno il padrone di casa, che evidentemente ha sentito il bisogno di ribadire che lui, prima di tutto, è un autore, e non solo il frontman di una band. Il senso di Together At Last è questo, e se da una parte riascoltare veri capolavori di songwriting americano come Via ChicagoMuzzle of Bees o I'm Trying to Break Your Heart non è mai tempo perso, dall'altra spiace però che nella sua foga di dover dimostrare qualcosa a tutti i costi, Jeff abbia sacrificato completamente l'aspetto produttivo dell'operazione.

In altre parole l'album gli sarà pure utile per dare il via ad una fase senile della sua carriera costruita con dischi fatti in casa pensando alle glorie passate (perché questo è il pericolo che si cela dietro una evidente fase calante di ispirazione evidenziata in questi anni dieci), ma ci consegna un prodotto fin troppo scarno, per non dire alquanto piatto. Tweedy è stato in passato capace di essere anche grande interprete, e se proprio voleva riprendersi il maltolto e riportarlo in casa, buona cosa sarebbe stata ridare a questi brani nuova veste. Invece lui li spoglia, gli gratta via la muffa del tempo (che in verità non avevano ancora fatto a tempo ad accumulare), senza accorgersi di scorticare così anche la bellezza degli arrangiamenti delle versioni originali, dimenticandosi oltretutto di ripassarli con una nuova lacca più lucida.

Non si arriva neanche quindi a chiedersi se poi l'operazione abbia senso: prima o poi il disco alla "scusate, ma ora le rifaccio come le avrei volute fare io" lo hanno fatto quasi tutti i grandi del rock, ma qui il rammarico è che Together At Last ci riporta nello stereo delle bellissime canzoni che riascoltiamo però sempre con il pensiero di "bella, ma l'originale era un'altra cosa…"

BILL RYDER-JONES

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