sabato 30 agosto 2025

MATTHEW DUNN

 

Matthew Dunn

Love Raiders

Cosmic Range Records

 

Ogni era discografica ha le sue esigenze, e se negli anni novanta l‘entusiasmo per il formato CD ci ha portato moltissimi album che duravano anche più di un’ora, senza essere per questo considerati doppi, oggi in era Streaming le durate medie si sono drasticamente ridotte, tanto da non capire più troppo la differenza tra album ed EP. E poi ci sono quelli che non ci badano affatto, come Matthew Dunn, artista canadese che fino a pochi anni fa si firmava mettendo un “DOC” tra nome e cognome (e sarebbe curioso sapere come mai ha deciso di abbandonare il soprannome), e che vanta ormai più di vent’anni di fiera carriera discografica indipendente.

Di lui si era sentito parlare soprattutto nel 2023 con l’album Fantastic Light, che si era guadagnato ottime recensioni, e che riuniva una serie di collaboratori che a sorpresa scompaiono in questo torrenziale Love Raiders, eccezion fatta per il Dinosaur Jr. J Mascis, che qui porta in dote la sua abituale elettricità nella rauca Tally Ho!. Suonato e co-prodotto con l’amico Asher Gould-Murtagh, l’album è un classico doppio da 22 canzoni, in cui i due buttano nel calderone influenze di ogni tipo. Dotato di una voce portata a giocare su tonalità alte, con qualche sofferta inflessione un po’ alla Jesse Malin, Dunn suona quasi tutto, giocando anche non poco con le tastiere e sintetizzatori di vecchia data (It’s Over), e comunque non perdendo le proprie radici da vero songwriter di scuola canadese (le trame acustiche di Flower Maiden, uno dei brani più significativi della raccolta, non dispiacerebbero neanche a Bruce Cockburn).

Ma l’artista ha puntato soprattutto sulla varietà, giocando con il rock sia alternativo che radiofonico, ponendo subito in seconda posizione di scaletta la lunga e acida cavalcata chitarristica alla Neil Young  di Algonquin, passando per qualche trama blues (Hideway), echi di jingle-jangle byrdsiani (Sad Masquerade), e giocando anche molto con un certo pop di Costelliana memoria (Forbidden Life). Insomma c’è tanto, inutile dire “a volte troppo”, visto che avendo spazio a volontà da riempire, si permette qualche passaggio strumentale un po’ fine a sé stesso (Rain Rain Rain, che era anche il titolo del suo penultimo album), dando la sensazione di aver approfittato dell’attenzione suscitata dal suo disco precedente per svuotare un po’ i cassetti di tante idee rimaste irrealizzate e accantonate nel tempo. Resta comunque un tour de force affascinante e neanche troppo stancante, grazie alla pluralità di toni e generi, anche se resta quella patina da produzione casalinga che forse penalizza un po’ il risultato finale.

Nicola Gervasini

lunedì 11 agosto 2025

Matteo Nativo

 Matteo Nativo

Orione

RadiciMusic Records

File Under: Blues per un matrimonio

Matteo Nativo è un virtuoso chitarrista toscano attivo da più di 30 anni, ma che curiosamente solo a 52 anni arriva a pubblicare il suo album d’esordio. Orione è raccolta di sette brani inediti, spesso scritti con la collaborazione di Michele Mingrone, e due cover di Tom Waits che in qualche modo targano fin da subito la sua proposta, basata su un impianto blues, ma con un approccio decisamente più cantautoriale. E oltretutto il suo stile chitarristico, basato spesso sulla tecnica del fingerpicking (si dice allievo di Leo Kottke e si sente), pare essere lontano dall’abituale mondo musicale di Waits. Le due cover sono in verità due traduzioni in italiano, operazione sempre rischiosa ma direi più che riuscita, sia quando le parole sono le sue (una ottima Clap Hands), sia quando invece la traduzione arriva da un'altra valida cantautrice toscana come Silvia Conti (che poi offre i cori in tre brani del disco). I brani inediti variano molto sui temi, partendo con toni più che personali raccontando prima la dolorosa separazione dalla moglie (Che Ora è?), ma successivamente anche una dedica alla stessa in occasione di una diagnosi di una malattia (Ovunque tu sarai), in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo nella storia del loro amore. Altrove si parla di guerra (Oradur), rinascite personali (Ultima stella del Mattino) e si piangono amici scomparsi (Orione), con toni da blues sofferto, ma con l’eccezione della scanzonata e divertente Fantasma, e del fugace amore con una improvvisata fan dopo un concerto di Un’altra Come Te. Suonato in trio con Fabrizio Morganti e Lorenzo Forti alla sezione ritmica e qualche ospite a corredo, il disco è prodotto con l’esperto Gianfilippo Boni.

Nicola Gervasini

martedì 5 agosto 2025

Piero Ciampi

 

Piero Ciampi

Siamo in Cattive Acque

(Squilibri, 2025)

File Under: Ritrovamenti

Non basterebbero dieci pagine per raccontare e descrivere l’opera di Piero Ciampi, se già non la conoscete, ma è ovvio che prima ancora di introdurvi a questa bellissima operazione discografica di Squlibri, vi rimando all’ascolto perlomeno dei suoi 4 album pubblicati tra il 1963 e 1976. Pochi, per un autore che in vita ha avuto tanti estimatori ma pochi successi (e spesso grazie ad interpretazioni altrui, soprattutto di vocalist femminili come, tra le altre, Gigliola Cinquetti, Carmen Villani o Dalida), ma il ritrovamento di un suo appunto per un ipotetico disco intitolato Siamo in Cattive Acque, ha portato a riunire in un doppio CD 21 versioni alternative di brani già noti, e ben 11 inediti assoluti. CD saggiamente divisi tra versioni comunque fatte e finite, e demo e abbozzi teoricamente non pubblicabili (definiti “Le Incompiute”), ma di sicuro valore storico. Più che altro perché molti brani come Sul Porto di Livorno o Confiteor tracciano una storica genesi di quello che sarà il bellissimo album Ho Scoperto che Esisto Anch’Io pubblicato da Nada nel 1973, interamente scritto per lei (già nei demo cantati da lui, come Sono Seconda, Ciampi parla al femminile infatti). La confezione ha uno splendido libretto dove ogni brano viene descritto minuziosamente, una ricerca curata da Enrico De Angelis davvero encomiabile. Piero Ciampi, morto in solitudine nel 1980, resta un autore non facile, la cui memoria è tenuta viva più dagli addetti ai lavori che da un pubblico che certo oggi faticherebbe ad apprezzare molte di queste canzoni, e forse per questo Siamo in Cattive Acque è  ancora più importante da scoprire.

Nicola Gervasini

Swans

  Swans – Birthing 2025 - Mute/Young God 115 minuti, solo 7 brani, quasi tutti con minutaggi al di sopra dei dieci minuti. Affrontare un...