Pete Droge
Fade Away
Blue
Puzzle Tree
Records
°°°1/2
Nel delirio collettivo da super-vendite della scena di Seattle
degli anni Novanta, pochi oggi si ricordano anche di un piccolo sotto-fenomeno
che con grande fantasia potremmo definire “il cantautorato grunge”. In sé la
definizione non dice nulla, se non che ad un certo punto bastava suonare in
qualche club di Seattle per essere definito tale, come è successo ad esempio a Terry
Lee Hale, ma successivamente il termine “grunge” fu appioppato anche a Jeff
Buckley o al canadese Hayden. E soprattutto a Pete Droge, autore che nel 1994
pubblicò un album per l’American Recordings di George Drakoulias (Necktie
Second) che girò parecchio tra la fanbase dei Pearl jam, vuoi perché prodotto
da Brendan O’Brien e sponsorizzato dallo stesso Mike Mcready, vuoi perché Droge
aveva condiviso anni di gavetta con molti eroi di Seattle. Ebbe il suo “warholiano
quarto d’ora di notorietà” con il singolo If You Don't Love Me (I'll Kill
Myself), che appariva anche nella colonna sonora del film Scemo & Più
Scemo, ma finita la festa a Seattle, è rimasto relegato ad una lunga carriera
da outsider, in cui nemmeno l’effimera superband dei Thorns nel 2003 (un trio
formato con Matthew Sweet e Shawn Mullins) riuscì a riportarlo nel mirino di
qualche grande etichetta.
Eppure, lui con pochi mezzi ha continuato a scrivere le sue
canzoni, che hanno con tutta evidenza Tom Petty nel motore, e forse anche nella
carrozzeria. Per cui non c’è nessun “ritorno” da annunciare per questo Fade
Away Blue, quanto però l’opportunità di trovare un vecchio amico in buona
forma, e soprattutto impegnato in un personalissimo album la cui importanza è
sottolineata anche dalla cura spesa in sede di produzione e registrazione. A
testimonianza abbiamo anche la lista di musicisti coinvolti, gente come Greg
Leisz, Jay Bellerose, Rusty Anderson, il pianista Lee Pardini (Dawes, Chris
Stapleton), nomi di session-men di lusso che dovrebbero risvegliare qualche
buon ricordo nei nostri lettori. Le dieci canzoni che compongono l’album sono
invece quanto di più intimo e personale abbia mai scritto, fin dall'apertura di
You Called Me kid dedicata al da poco scomparso padre, ma anche in Song
for Barbara Ann e Skeleton Crew non mancano gli elementi
autobiografici. Musicalmente è un album riuscito nella sua semplicità
elettro-acustica, nel presentarlo Droge ha citato la filosofia del “Three
chords and the truth” e vi ha tenuto fede. Ma è evidentemente la ricetta
giusta, perché senza suscitare particolari clamori, questo Fade Away Blue potrebbe
diventare il suo disco migliore dopo i primi due, che dalla loro parte in più
avevano forse solo il fatto di aver anche scritto una piccola riga della storia
della musica americana, mentre qui si scrivono molti paragrafi della sua vita.
Nicola Gervasini