martedì 15 luglio 2025

Lavinia Blackwall

 


 Lavinia Blackwall

The Making

(The Barne Society, 2025)

File Under: What She Did On Her Holidays

Nel fenomeno di rinascita e riscoperta del folk britannico negli anni 2000, gli scozzesi Trembling Bells hanno giocato un ruolo importante. Cinque album pubblicati tra il 2008 e il 2018, in cui hanno rimescolato le carte del genere, più un EP e un disco in collaborazione con Bonnie Prince Billy (The Marble Downs del 2012), che testimoniava proprio la stretta parentela tra l’indie-folk di questi decenni e la musica tradizionale di marca Fairport Convention e dintorni. Nel 2018 però la vocalist della band, Lavinia Blackwall, ha annunciato di lasciare la band, di fatto sciogliendola (ad oggi infatti la sigla pare aver chiuso i battenti), e varando così una carriera solista con l’album Muggington Lane End del 2020. Ci sono voluti cinque anni per avere The Making, il secondo album, anni difficili e dolorosi di ritirata riflessione e introspezione, grazie ai quali ha prodotto quello che pare proprio uno di quei dischi che cambiano le sorti di una carriera. La Blackwall, infatti, aiutata del produttore Marco Rea, ha lavorato per lungo tempo su 10 brani che assorbono come una spugna moltissime influenze e diverse sonorità, pur non abbandonando il proprio stile, che ovviamene le porta paragoni con Sandy Danny o Jacqui McShee dei Pentangle.

E se l’iniziale Keep Me Away From The Dark è ancorata ad uno stile classico, l’arioso mid-tempo di The Damage We Have Done riesce a far confluire in un colpo solo un incedere alla Byrds con una melodia da dischi di Kate e Anna McGarrigle. Ma l’album gioca di varietà con la piano-ballad Scarlett Fever (qui sì che aleggia lo spirito della Denny), coi fiati che giocano sulla melodia di My Hopes Are Mine (dove torna sulle ragioni della fine dei Trembling Bells, aiutata tra l’altro dalla voce di “Miss Moonlight Shadow” Maggie Reilly), o l’incedere brit-pop di Morning To Remember (lei stessa cita i Kinks come influenza, ma io direi quasi più i Blur più classici). La Blackwall non rinuncia mai al suo vocalizzo alto e impostato (The Making), mostrando però le proprie doti e possibilità vocali con parsimonia, e sempre con rispetto al tema della canzone (bravissima nell’emotivamente sofferte We All Get Lost e The Art of Leaving, tra i brani più memorabili della raccolta).

Il finale non perde colpi con The Will To Be Wild e una eterea e riflessiva Sisters In Line in cui tornano protagonisti i fiati di Ross McRae e Richard Merchant. Dopo un esordio in cui aveva forse voluto metterci troppo, Lavinia Blackwall centra il bersaglio con un album che non perde semplicità nonostante gli arrangiamenti ben studiati, e soprattutto con dieci brani che spiegano perché si possa ancora essere moderni partendo dalla tradizione.

Nicola Gervasini

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