sabato 20 marzo 2010

WILL KIMBROUGH - Wings


Buscadero

Marzo 2010


Produttore, chitarrista e di tanto in tanto anche autore di dischi in proprio: il nome di Will Kimbrough è uno di quelli noti solo a chi usa leggere con attenzione i credits degli album che compra. Uomo dai mille progetti e gruppi estemporanei (con Tommy Womack ha dato vita ai Bis-Quits e più recentemente ai Daddy) e collaboratore di svariati grandi artisti abitualmente trattati in queste pagine, Kimbrough arriva con Wings al suo quinto album, forse il primo che comincia ad essere qualche cosa di più di un semplice sfogo da session-man. Will infatti stavolta ha giocato d’intelligenza e ha chiesto la collaborazione di alcune delle migliori penne incontrate nel corso della sua carriera. Troviamo così l’amico Jeff Finlin cercare le parole giuste per la romantica Big Big Love e per You Can’t Go Home e The Day Of The Troubador, Todd Snider sfoderare tutta la sua tipica ironia per la divertentissima invettiva contro il gossip di It Ain’t Cool (“non è carino parlare di qualcuno quando non è presente…”), e nientemeno che un ispirato Jimmy Buffett co-firmare la bella title-track (Will è coinvolto nel suo recente Buffett Hotel). Questi i nomi più altisonanti, ma non sono da meno altre penne meno note come le cantautrici Sara e Rene Kelley (la prima scrive Let Me Be Your Frame, la seconda A Couple Hundred Miracles) e il poco conosciuto Dave Zobl (per il mezzo gospel con tanto di fiati di Open To Love), tutti amici conosciuti nei locali di Nashville, città in cui questo album è stato concepito. Nota comunque di merito anche allo stesso Kimbrough, che da solo firma l’iniziale Three Angels e Love To Spare (in un intervista Will affermò che furono i dischi di Elvis Costello a spingerlo a scrivere canzoni, e davvero si sente…), ma quello che rende Wings un disco più che convincente è che stavolta una produzione semplicemente perfetta (suoni da 10 e lode) è finalmente al servizio di brani che non lasciano un attimo di tregua e non concedono nulla alla noia, per un risultato che può per certi versi ricordare molto i dischi più recenti di Rodney Crowell (uno che di Kimbrough si è servito spesso e volentieri) o la recente sortita solista di Dave Rawlings. Non aspettatatevi il disco che vi cambia la vita, ma quando sprechiamo tempo e denaro per cercare piacevoli chicche nel sottobosco del rock è questo tipo di disco che cerchiamo.

Nicola Gervasini

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