mercoledì 22 gennaio 2025

The Wild Feathers

 

The Wild Feathers
Sirens
[New West 2024]

 Sulla rete: thewildfeathers.com

 File Under: yacht country (rock)


di Nicola Gervasini (29/10/2024)

Wild Feathers vengono da Nashville, vanno verso i quindici anni di carriera, e Sirens è il loro quinto album. E credo che siano una di quelle band che riaprono una antica, ma sempre viva, spaccatura nelle preferenze delle redazioni delle riviste musicali, divise tra chi cerca anche a Nashville la polvere, la musica fuorilegge, la rottura degli schemi, e chi in quella città, così rigidamente severa sui propri canoni estetici, si inserisce nella tradizione senza caderne troppo nelle trappole della produzione in serie. Ad esempio, il collega Pie Cantoni nel 2018 su queste pagine stroncava senza mezzi termini il loro terzo album Greetings from the Neon Frontier, chiudendo la sua disanima con un “Sporcatevi, incattivitevi, incazzatevi, fate un po' di vita ai limiti e poi ne riparliamo.” che rendeva al meglio questa linea di confine estetico.

I Wild Feathers sono effettivamente uno strano caso di band che con tutta evidenza pescano un po’ ovunque, da Tom Petty ai Jayhawks, dagli Eagles a Keith Urban, persino un po’ in quella roots rock sporcata di new wave alla War on Drugs (sentite Sanctuary), e sicuramente l’originalità non è la freccia migliore del loro arco. Ma di strada un po’ ne hanno fatta, di polvere ne hanno presa, qualche incazzatura (si ascolti Pretending) deve essere arrivata, perché Sirens è quel passo in avanti che ci porta a riconsiderarli non più uno specchio per le allodole per quelle giovani generazioni che, istigate da Taylor Swift o dalla Beyoncè in versione cow-girl, provano ad affacciarsi su un mondo musicale che sa di vecchio per sua stessa auto-definizione, ma una band che va a cercare quello spazio occupato (spesso molto positivamente) da band come i Dawes, per esempio, in cui si cerca un equilibrio difficile tra autorialità e mainstream. E così andate subito al fulcro del disco, una Slow Down che è puro radio-sound da easy-rock americano (a me ricorda per certi versi Missing You di John Waite come tipo di brano), e subito dopo però un episodio come Comedown che sì, il buon vecchio Petty, maestro d‘arte del fare cose elaborate facendole sembrare comprensibili anche al pubblico più distratto e meno esigente, avrebbe apprezzato.

Per contro, sebbene più della metà delle canzoni funzionino benissimo se ancora avete il viaggio in macchina come prova d’ascolto, resta poco coraggio nella parte strumentale, la band pare sempre un po’ impagliata e impettita nel suonare anche i brani più coinvolgenti, e qui ad esempio un confronto con la carica emotiva dei i JJ Grey & Mofro del recente Olustee sarebbe impietoso. In ogni caso Sirens, prodotto peraltro da Shooter Jennings, è un buon disco, che non vi farà strappare le mutande, ma alzare il volume ogni tanto sicuramente. Potremmo quasi definirlo la pietra fondatrice di una nuova forma di "Yacht Rock" nashvilliano (nota curiosa: a Nashville c’è uno dei più grandi Yacht Club degli Stati Uniti), termine che in alcune redazioni musicali fa venire orticarie e svariate nausee, ma anche qualche bel ricordo di disimpegnato buon country-rock da frequenze FM.

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