lunedì 15 settembre 2008

PATTI SMITH - Twelve


2007,

Rootshighway


VOTO: 6



"Lato A"- Lei è una intoccabile icona, una delle artiste più discusse dell'Olimpo dei grandi nomi della musica moderna, ma pur sempre la prima musa ispiratrice di ogni donna che abbia voluto masticare il verbo rock negli ultimi trent'anni. Il repertorio scelto per il suo primo album di cover è ancora più intoccabile: se si fa eccezione per i Tears For Fears, sono tutti suoi coinquilini dello stesso paradiso, dai Rolling Stones a Hendrix, passando per Beatles, Doors, Allman Brothers Band, Stevie Wonder, Jefferson Airplane,.... Le sue interpretazioni sono spesso azzeccate, con la solita preferenza per i momenti più ritmati (Gimme Shelter o la bellissima Changing Of The Guards di Dylan sembrano davvero essere state scritte per lei), rispetto alla sua storica tendenza alla nenia nei pezzi più lenti (su Helpless di Neil Young, Nick Cave aveva fatto forse meglio…ma sulla rallentata Smells Like Teen Spirit dei Nirvana fa miracoli). I suoni sono molto belli, la band è quella di sempre, compreso il fido Tom Verlaine e due ospiti di riguardo come Flea dei Red Hot Chili Peppers e Rich Robinson dei Black Crowes. Tutto perfetto dunque: Twelve era da 4 stellette già sulla carta, figuriamoci poi quando lo si ascolta e si scopre che Patti Smith ha fatto le cose per il meglio, regalandoci un oretta di puro godimento di old time music. Impossibile resisterle.


"Lato B" - Sì, va bene, ma qui siamo al puro onanismo da cariatidi del rock!. Cosa stai cercando di dirci Patti con queste 12 canzoni?. Forse qualcosa tipo "Guardate che le nuove generazioni possono arrabattarsi ad imitarci quanto vogliono, ma NOI siamo irraggiungibili"?. Oppure che dopo i Nirvana c'è stato il nulla, che tutto è finito con quello stramaledetto colpo nella testa di Kurt?. E mi sembrava che negli anni ottanta tu avessi notato cose più interessanti di una insulsa canzonetta come Everybody Wants To Rule The World (When Doves Cry di Prince ad esempio); e se proprio ti piacevano i Tears For Fears, perché almeno non azzardare la ben più difficile ed originale Shout, avresti dato prova di maggior coraggio!. Nessuna di tutte queste cover potrà mai battere l'originale e tu lo sai bene, perché qui stai giocando con merce che è già mitologia, proprio come lo sei tu, e non certo grazie a questo disco. Potevi fare un album a tema su Dylan come Bryan Ferry, potevi rivangare gli anni ottanta come ha fatto l'anno scorso Grant Lee Phillips, potevi provare a confrontarti con autori giovani come ha fatto Marianne Faithfull o più maldestramente Rod Stewart quando nel 1998 ha "coperto" Oasis, Primal Scream e Skunk Anansie: tutte scelte altrettanto inutili, ma più dignitose o audaci di questo sterile guardarsi allo specchio per ribadire che il vero rock ha i capelli bianchi: lo sapevamo già cara Patti, ma adesso basta ricordarcelo ancora con una strafottenza che merita 2 stellette! (Nicola Gervasini)

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