domenica 13 dicembre 2020

JOAN OSBORNE

 


  

 

Joan Osborne
Trouble and Strife
[Womanly Hips/ Goodfellas 2020]

 Sulla rete: joanosborne.com

 File Under: There’s a Riot Going On


di Nicola Gervasini (07/10/2020)


Ho conservato grande stima per Joan Osborne e la sua storia artistica. Certamente il mondo la ricorderà sempre per One of Us, l’hit scritta da Eric Bazilian degli Hooters che nel 1995 fece vendere quasi 4 milioni di copie dell’album Relish. Che sì, resta il suo disco più importante e memorabile, ma la storia dice che dopo averci messo cinque anni a produrre un seguito troppo schiavo delle leggi di mercato come era Righteous Love, la Osborne ha vissuto gli anni 2000 suonando la musica che più le piaceva, mantenendo un livello comunque sempre più che dignitoso.

Trouble and Strife
 (letteralmente significa “problema e conflitto”, ma è una espressione idiomatica inglese che si usa per definire, in maniera non del tutto “politically correct”, una moglie particolarmente arcigna e rompiscatole) è il suo dodicesimo album, e arriva a sei anni di distanza dall’ultimo disco scritto più che altro di suo pugno (il quasi ignorato dai più Love and Hate del 2014), con l’arduo compito di capitalizzare il rinnovato interesse nei suoi confronti suscitato da Songs of Bob Dylan del 2017, cover-record che ottenne il miracolo di farsi notare pur presentando una materia certo non innovativa come un disco dedicato a Mr. Zimmerman. La stima di cui sopra deriva dal fatto che mai nella sua carriera ha ceduto alla tentazione di rifare un nuovo Relish, ma dopo essere stata un po’ esclusa dal grande giro, ha fatto scelte coraggiose.

E coraggioso lo è sicuramente Trouble and Strife, album che affronta con anche una certa tagliente ferocia argomenti di politica e crisi sociale del mondo americano a suon di new soul (Take It Any Way I Can Get It) e funky (What’s That You Say), ma non solo. Musicalmente il disco infatti è un collage esattamente come la sua copertina, in cui elementi blues (Hands Off), soul-pop alla Dusty Springfield come Never Get Tired (Of Loving You), con i suoi sintetizzatori vintage, la puramente dylaniana title-track, o classicissime black-ballads come Whole Wide World, convivono alla perfezione. Certo, non aspettatevi da Joan il colpo di genio a sorpresa, lei è soprattutto una interprete che si cimenta nella scrittura con passione e una certa naïveté, ma dopo un ventennio di sonno in termini di dischi “politici”, il fatto che pure un’artista che di certo non si pone come una maestra di pensiero sociale come la Osborne senta il bisogno di fare un disco del genere, la ritengo una cosa positiva nell’ottica di una rinascita del ruolo civile della musica (un indiretto ringraziamento andrebbe forse a Mr. Trump).

Autoprodotto e anche auto-distribuito tramite la sua label personale, il disco si avvale della collaborazione di validi musicisti come il tuttofare Nick Govrick e il tastierista Keith Cotton, oltre all’ormai fidato chitarrista Andrew Carillo.


Nessun commento:

BILL RYDER-JONES

  Bill Ryder-Jones Lechyd Da (Domino 2024) File Under:   Welsh Sound I Coral sono da più di vent’anni   una di quelle band che tutti...