martedì 30 settembre 2025

ALEX G

 Alex G – Headlights

RCA, 2025

L’americano Alexander Giannascoli, in arte Alex G, potremmo considerarlo uno dei migliori rappresentanti

della “Bandcamp Generation”, cioè quegli artisti che hanno beneficiato delle libertà auto-imprenditoriale

offerta della nota piattaforma di streaming, per farsi notare e passare quindi ad una carriera sotto la

protezione di una etichetta discografica. Ben 4 album pubblicati in maniera indipendente tra il 2011 e il

2012 hanno infatti dato vita ad una carriera che oggi arriva, con questo Headlights, al sesto capitolo

ufficiale (e quindi decimo, comprendendo anche i 4 album di cui sopra).

Ma qui possiamo dire che si apre un nuovo capitolo, perché da Label importanti, ma comunque da

sottobosco, come la Orchid Tapes o la Domino, si passa ad una major come la RCA, e in questi casi la

domanda tipica del fan è sempre la stessa, chiedersi se questo abbia cambiato qualcosa nella sua qualità. La

risposta è implicitamente data dal fatto che Alex G non cambia squadra e le modalità di produzione rispetto

al precedente album God Save the Animals (2022), confermando alla co-produzione Jacob Portrait, bassista

della Unknown Mortal Orchestra, e suonando come suo solito praticamente tutti gli strumenti (sezione

d’archi a parte), lasciando spazio alla sua storica band d’accompagnamento nei tour (Samuel Acchione,

John Heywood e Tom Kelly), solo nell’ultima traccia (Logan Hotel), quasi a voler ribadire la piena continuità

con la sua storia e il suo giro di amicizie e collaborazioni.

In ogni caso il salto di qualità in termini di distribuzione, e la possibilità di lavorare in un vero studio di

registrazione, non ha cambiato la ricetta tipica delle sue canzoni, sempre in bilico tra folk classico e un

atteggiamento indie che guarda a Elliott Smith nello stile, e magari anche a personaggi meno noti che tanto

hanno fatto per la scena indie di 20 anni fa come Langhorne Slim o M.Ward. Manca forse nel menu un

piatto atipico, un qualcosa che si discosti veramente dalla sua collaudata routine (oggi diremmo qualcosa

che sia fuori dalla sua “comfort zone”), confermata anche negli abituali testi abbastanza onirici e visionari di

brani come Oranges, Afterlife o June Guitar, quasi che, ora che ormai ha attirato l’attenzione, Alex G non

vuole sbagliare e non si prende troppi rischi. Ne esce uno album discreto, con brani sicuramente

accattivanti come Real Thing o Louisiana, ma che mi sa che ancora lo terrà un po’ nelle retrovie di una

scena odierna troppo affollata per impressionarsi troppo per questi brani.

VOTO: 6,5

Nicola Gervasini

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