martedì 29 marzo 2022

STERBUS

 

Sterbus

Let Your Garden Sleep

(Zillion Watt Records, 2021)

File Under: A Power-Popera

Non è facile inventarsi nuove definizioni, ma visto che agli Sterbus non ha mai fatto difetto l’ironia, questo loro nuovo album Let Your Garden Sleep viene presentato come una “power-popera”. Dove al termine “opera”, che forse ben si addiceva al loro monumentale doppio album precedente (Real Estate/Fake Inverno), si contrappone un disco fresco, immediato, diretto e alfine breve, dove impera la religione del power-pop, sia di derivazione Costelliana, che ancor più dell’era d’oro del Brit-pop della seconda metà degli anni 90. Insomma, il gran mix di stili del primo album è stato ridotto all’osso per cogliere l’amore per un certo rock da garage del duo formato da Emanuele Sterbini e Dominique D'Avanzo, con nove brani che cercano brevità ed efficacia, e si dilungano solo nella conclusiva Murmurations. Prodotto dal duo, che si divide anche i compiti di composizione (i testi sono della D’Avanzo), l’album è stato registrato con l’ausilio di una serie di musicisti sia italiani (in particolar modo Riccardo Piergiovanni e Francesco Grammatico) che britannici (Noel Storey, Al Strachan, Layer Bows). Nothing of Concern apre le danze mostrando subito i punti fondamentali: uso di tastiere e archi alla Beatles, ritmica e chitarre in puro stile British ‘80 alla Smiths/Housemartins, impasti vocali a sottolineare le linee melodiche, bridge con voci filtrate, assolo di chitarra semplice e non invasivo: il pezzo è potente e ben scritto, e probabilmente in altre epoche avrebbe potuto anche essere una piccola hit radiofonica in terra d’Albione. La ricetta non varia molto anche dopo, tra citazioni evidenti (Stalking Heads, in cui interviene anche un delizioso pianoforte) e il “remmianissimo” titolo Gardeners At Night (in verità quasi un pezzo alla X), ampi spazi lasciati anche solo alla vocalità leggera di Dominique D’Avanzo (My Friend Tim o una Polygone Bye che rimanda molto al dream-pop dei Sundays) e momenti più da adrenalina come B-Flat Love o più classicamente pub-rock come Helpelss Waitress. Il disco si chiude con gli episodi più complessi, una The Accidentalist che parte acustica per poi esplodere, e la lunga e sognante Murmurations, con la sua chiusura maestosa in un tripudio di archi e cori. Disco ben prodotto e maturo, decisamente rivolto ad un mercato e ad un gusto estero che speriamo trovi comunque i suoi riscontri anche a casa propria, con il rammarico di quanto il mercato internazionale oggi non possa forse davvero valorizzare questi sforzi produttivi (compresa anche la bella copertina realizzata da Dario Faggella), un tempo rari anche nella nostra terra.

Nicola Gervasini

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