mercoledì 14 agosto 2024

BILL FAY

 

Bill Fay Group

Tomorrow Tomorrow And Tomorrow

(Dead Oceans, 2024)

File Under: Lost years

Sono passati solo due anni da quando vi abbiamo parlato dell’album di inediti Still Some light di Bill Fay, ed eccoci di nuovo a scandagliare gli archivi di questo poco prolifico eroe d’atri tempi. La sua storia ve l’abbiamo raccontata più volte, artista titolare di due splendidi album pubblicati tra il 1970 e il 1971, e di tre dopo il 2012, in cui, risvegliato dall’interesse di molti giovani colleghi, ha dimostrato di non essere affatto arrugginito dopo tanti anni di attività.

In verità le cronache sulla sua discografia parlavano anche di un perduto episodio in cui Bill tentò, dopo alcuni anni di oblio e depressione da fine contratto con la Deram, di far ripartire la propria carriera, Era il 1978, l’anno sbagliato forse per una proposta musicale come la sua, con la new wave e gli anni ‘80 alle porte con la loro piazza pulita di tutti gli artisti che avevano caratterizzato il cantautorato degli anni settanta. Tomorrow Tomorrow And Tomorrow, infatti è stato registrato nell’arco dei tre anni, dal 1978 al 1981, che hanno cambiato tutto il mondo del rock, figuriamoci la confusione che poteva avere un artista dimenticato, in cerca di un proprio nuovo suono.

 

Il disco non uscì fino al 2005, quando il recupero di vecchi artisti dimenticati stava cominciando a diventare una utilissima moda tra le etichette e gli artisti  indipendenti, ma ora ne esce una versione espansa con le sessions al gran completo. Il gruppo assemblato e ribattezzato Bill Fay Group era un trio di jazzisti dediti a quel mondo sul confine tra jazz e pop tutto sommato di moda (si pensi ad Aja degli Steely Dan come vago riferimento), e cioè Bill Stratton, Gary Smith e Rauf Galip, tre coraggiosi musicisti che invitarono per un lungo periodo Fay per delle sessions registrate nell’appartamento del primo, cercando di trovare la quadra giusta per un disco che purtroppo nasceva e moriva senza una casa discografica interessata a pubblicarlo.

 

D’altronde anche i due album storici di Fay in quegli anni erano scomparsi dal mercato, per cui sarebbe stato davvero difficile imbastire una campagna marketing su un personaggio che era di fatto la perfetta antitesi degli anni ottanta. Peccato, perché tra queste 28 canzoni, che non è sempre facile capire se sono rimaste abbozzate o se Fay le considerasse davvero finite così, si nasconde del materiale (penso a Life ad esempio) che in mano al produttore giusto (provo ad immaginare uno Steve Lillywhite dei tempi), potevano avere anche del potenziale radiofonico. Ma la storia non si fa con i “se”, per cui nel 2024 ben felici recuperiamo questo materiale, atipico per Bill Fay nel suono, ma non certo nell’atteggiamento dimesso e sofferto del suo songwriting e canto. Se volete conoscere il personaggio non partite da questa che resterà un’opera minore della sua carriera, ma per capire come mai avesse ancora tante idee e energie dopo decenni di assenza dalla scena, questo album resta fondamentale.

 

Nicola Gervasini

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