domenica 21 dicembre 2025

Neko Case

 

Neko Case

Neon Grey Midnight Green

Anti-, 2025

File Under: Musician's life

Ammetto subito in apertura di recensione di avere un certo rapporto conflittuale con la musica, e in generale la carriera, di Neko Case. Cantautrice di matrice country all’esordio (ma prima c’erano state le esperienze con le punk-band Cub e Meow), la Case si è via via allontanata dalla grammatica classicista esibita nel 1997 in The Virginian, arrivando a produrre dischi davvero belli, quanto anche stimolanti dal punto di vista delle soluzioni nuove, come  Blacklisted o Fox Confessor Brings the Flood, ma dal controverso Middle Cyclone del 2009 (n verità il suo album più venduto) in poi ha secondo me faticato a trovare il giusto equilibrio tra classico e moderno. Se la parallela carriera con la band dei New Pornographers in qualche modo doveva servire a darle sfogo in ambiti più indie-pop (e nel campo la sigla ha prodotto album interessantissimi), i suoi album solisti The Worse Things Get, the Harder I Fight, the Harder I Fight, the More I Love You del 2013 e Hell-on del 2018 avevano lasciato la sensazione di grandi idee confuse.

Il fatto che poi abbia pubblicato poi poco a suo nome (questo Neon Grey Midnight Green è solo l’ottavo album in quasi trent’anni di carriera, non comprendendo i live e la retrospettiva di Wild Creatures pubblicata nel 2022), fa capire come l’artista non abbia la sua storia solista come interesse principale. In ogni caso Neon Grey Midnight Green è sicuramente un buon disco, ed appare subito più a fuoco dei suoi predecessori, pur confermando sempre quelle sbavature che lasciano perplessi.  Che possono essere esprimenti vocali senza troppo senso come Tomboy Gold, ma anche ottimi brani come Wreck, un mid-tempo roots in stile Kathleen Edwards, che viene però sommerso da fiati e archi non del tutto necessari.  D’altronde la lista di session-men coinvolti conta più di 30 musicisti, con qualche nome importante come Steve Berlin, John Convertino o Sebastian Steinberg dei mai dimenticati Soul Coughing, numeri grossi per un disco che infatti la Case ha definito “una lettera d’amore per i musicisti e la loro vita”.

La sensazione di grande riunione di famiglia regna un po’ sovrana, come se su ogni brano in tanti, a volte troppi, abbiano voluto lasciare per forza un segno, appesantendo un disco che, se leggermente prosciugato, avrebbe avuto tutti i numeri (leggasi: le canzoni giuste) per essere visto come un suo grande ritorno. In ogni caso anche Louise, Rusty Mountain e la stessa title-track entrano di diritto nel novero della sua miglior produzione, e questa è la buona notizia, perché comunque recuperano una essenzialità nella scrittura che si era un po’ persa nella voglia di strabiliare a tutti i costi sciorinata negli ultimi anni. Accontentiamoci così quindi, Neon Grey Midnight Green è un album consigliabile nonostante le sue esagerazioni, e ci restituisce in buona forma una autrice su cui avevamo davvero puntato molto ormai vent’ani fa.   

 

Nicola Gervasini

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