venerdì 5 dicembre 2025

Pete Droge

 

Pete Droge

Fade Away Blue

Puzzle Tree Records

°°°1/2

Nel delirio collettivo da super-vendite della scena di Seattle degli anni Novanta, pochi oggi si ricordano anche di un piccolo sotto-fenomeno che con grande fantasia potremmo definire “il cantautorato grunge”. In sé la definizione non dice nulla, se non che ad un certo punto bastava suonare in qualche club di Seattle per essere definito tale, come è successo ad esempio a Terry Lee Hale, ma successivamente il termine “grunge” fu appioppato anche a Jeff Buckley o al canadese Hayden. E soprattutto a Pete Droge, autore che nel 1994 pubblicò un album per l’American Recordings di George Drakoulias (Necktie Second) che girò parecchio tra la fanbase dei Pearl jam, vuoi perché prodotto da Brendan O’Brien e sponsorizzato dallo stesso Mike Mcready, vuoi perché Droge aveva condiviso anni di gavetta con molti eroi di Seattle. Ebbe il suo “warholiano quarto d’ora di notorietà” con il singolo If You Don't Love Me (I'll Kill Myself), che appariva anche nella colonna sonora del film Scemo & Più Scemo, ma finita la festa a Seattle, è rimasto relegato ad una lunga carriera da outsider, in cui nemmeno l’effimera superband dei Thorns nel 2003 (un trio formato con Matthew Sweet e Shawn Mullins) riuscì a riportarlo nel mirino di qualche grande etichetta.

Eppure, lui con pochi mezzi ha continuato a scrivere le sue canzoni, che hanno con tutta evidenza Tom Petty nel motore, e forse anche nella carrozzeria. Per cui non c’è nessun “ritorno” da annunciare per questo Fade Away Blue, quanto però l’opportunità di trovare un vecchio amico in buona forma, e soprattutto impegnato in un personalissimo album la cui importanza è sottolineata anche dalla cura spesa in sede di produzione e registrazione. A testimonianza abbiamo anche la lista di musicisti coinvolti, gente come Greg Leisz, Jay Bellerose, Rusty Anderson, il pianista Lee Pardini (Dawes, Chris Stapleton), nomi di session-men di lusso che dovrebbero risvegliare qualche buon ricordo nei nostri lettori. Le dieci canzoni che compongono l’album sono invece quanto di più intimo e personale abbia mai scritto, fin dall'apertura di You Called Me kid dedicata al da poco scomparso padre, ma anche in Song for Barbara Ann e Skeleton Crew non mancano gli elementi autobiografici. Musicalmente è un album riuscito nella sua semplicità elettro-acustica, nel presentarlo Droge ha citato la filosofia del “Three chords and the truth” e vi ha tenuto fede. Ma è evidentemente la ricetta giusta, perché senza suscitare particolari clamori, questo Fade Away Blue potrebbe diventare il suo disco migliore dopo i primi due, che dalla loro parte in più avevano forse solo il fatto di aver anche scritto una piccola riga della storia della musica americana, mentre qui si scrivono molti paragrafi della sua vita.

 

Nicola Gervasini

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