lunedì 10 maggio 2021

RUBEN MINUTO

 


Ruben Minuto – The Larsen's Sessions - Live in Studio

2021, Delta Promotion

La domanda che ogni musicista si è posto in questo perpetuo lockdown artistico a cui siamo costretti da un anno ormai è stata “che fare intanto?”. C’è chi si è buttato online in una serie continua di streaming per non perdere il contatto anche visivo col proprio pubblico, chi ne ha approfittato per scrivere nuovo materiale, chi purtroppo si è lasciato andare ad una cupa depressione. Oppure chi, come il milanese Ruben Minuto, ha sentito l’urgenza di fare un punto sulla sua carriera, quasi un auto-regalo per i suoi 50 anni, chiudendosi comunque in uno studio di registrazione, quando è stato possibile, per suonare una sorta di Live in Studio alla Neil Young con qualche amico raccolto in tanti anni di musica sui palchi (spiccano le tastiere di Riccardo Maccabruni dei Mandolin Brothers e il gran lavoro del chitarrista Luca Andrea Crippa, oltre alle voci di Sophie Elle e Lucia Lombardo ). Nascono così queste The Larsen’s Session, così chiamate perché registrate nei RecLab di Larsen Premoli, sorta di The Best personale con qualche nuova cover a condire il tutto, che va a rendicontare una carriera arrivata a tre dischi solisti, ma anche tante partecipazioni a band e progetti (tra cui anche una cover-band dei Lynyrd Skynyrd, i Mr. Saturday Night Special). Un modo per conoscere uno dei musicisti di casa nostra più richiesti dagli artisti americani (ad esempio Ashleigh Flynn o Don DiLego) quando vengono dalle nostre parti, per il suo feeling decisamente adatto ad un genere, che bisogna saper maneggiare con cura, come la musica americana. Dieci brani, come al solito sospesi tra blues e ogni tipo di tradizione folk e rock USA, come dimostrano le riletture decisamente vintage-style di Molly & Tenbrooks, uno standard bluegrass reso celebre da Bill Monroe nel 1947 e dagli Stanley Brothers l’anno successivo, o il puro country di Why Should I Be So Lonely?, brano di Jimmie Rodgers che fu anche un cavallo di battaglia di Merle Haggard. Altrove invece si rileggono brani propri come una Be Alive che sa tantissimo di Radio americana FM anni 70, e altri episodi puramente roots-rock come Who Cares o In The Hands of Time, mentre le sue origini blues affiorano prepotenti nella veemente High Heel Shoes o in This Our of the Day e Jimmy Two Steps. Voce fuori dal coro stilistico è una terza cover, proprio quella You’re the One That I Want (scritta da John Farrar, personaggio noto agli amanti della musica garage anni 60 per aver militato in band come i Mustangs, gli Strangers, il trio Marvin, Welch & Farrar e infine nei più noti Shadows), che rappresentava il punto di incontro delle schermaglie amorose tra John Travolta e Olivia Newton-John nel  musical Grease, e che qui, cantata in coppia con la soul-singer americana Jane Jeresa, si trasforma in una curiosa e molto originale ballata suadente e rallentata, che rappresenta la chicca di un album consigliato agli amanti del genere.

 

VOTO: 7

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