lunedì 27 giugno 2022

CENTRAL UNIT

 

Central Unit – Parallelism

Snowdonia, 2021


La storia dei Central Unit ha origini lontane, fin dal 1980 e dai primi esperimenti di new wave synth-oriented fatti nella allora fervente scena bolognese. Il loro primo EP del 1982, Living Machinery, è un piccolo cult-record della scena italiana dell’epoca, e conteneva anche una cover di What Use? dei Tuxedomoon, giusto per indirizzarvi subito sulle influenze. Nel 1983, all’epoca dell’uscita del primo album omonimo per la CGD (il bassista dei Tuxedomoon Peter Principle restituì l’omaggio producendo il disco), con il nucleo storico formato da Alberto Pietropoli, Alvise Cristinelli, Enrico Giuliani, Natale Nitti e Roberto Caramelli, divisero anche il palco con band come Einstürzende Neubauten e aprirono persino i concerti degli Spandau Ballet nella loro fase di passaggio dalla new wave al pop new-romantic. Poi però la loro storia si era fermata, fino al 2004, epoca in cui si riesumò la sigla per l’album Internal Cut, a cui hanno poi fatto seguito I See You (2010) e Whatever Day Suits You Best (2018). Arriviamo così a Parallelism, disco nato come semplice colonna sonora, ma poi finito per essere un progetto discografico indipendente. Le musiche, infatti, fanno riferimento ad un film di Marco Bolognesi dallo stesso titolo, a cui è abbinata anche una installazione dello stesso artista (da anni un gigante dell’arte multi-mediale, paradossalmente forse più riconosciuto all’estero che da noi, vista la pletora di premi internazionali che l’opera ha già avuto). La pellicola è un corto che sperimenta l’unione di immagini e musica, suoni che però hanno una potenza sperimentale tale da risultare interessanti e suggestivi anche se suonati dal vostro stereo senza interventi visivi. La musica di Parallelism, infatti, è pura elettronica come genere di riferimento, ma spazia in diversi ambiti. Del nucleo storico sono rimasti Petropoli (sax e voce) e Giuliani (basso), a cui si è aggiunto ormai da tempo il produttore e tastierista Riccardo Lolli (impegnato anche al theremin) e per l’occasione la violinista Isabella Bui, il cui ruolo è stato abbastanza determinante in alcuni momenti dell’album (Modern Pioneers o Codex, ad esempio, che vede l’intervento di Andrea Ventura alla batteria). Il tutto per un viaggio che vi consigliamo di fare in ore notturne e ancora meglio in cuffia per apprezzare le suggestioni- di brani come Exit Freedom of Thought, The Rest of our Lives o Sit Here and Dream. Per quanto intervenga anche l’uso delle voci, il disco è da considerarsi come strumentale, ma se non è la forma canzone che state ricercando, Parallelism è sicuramente uno dei prodotti nostrani più interessanti del momento.

VOTO: 7

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