domenica 18 febbraio 2024

DOUG PAISLEY

 

Doug Paisley

Say What You Like

(Doug Paisley, 2023)

File Under: …and said it slowly

 

E’ per noi una sorta di sollievo sapere che nascono ancora artisti come Doug Paisley, non tanto perché un personaggio del genere, nato alla scuola cantautoriale dei post-John Prine tipo Slaid Cleaves, Darden Smith o Rod Picott (per dire tre nomi tra i tantissimi), possa poi davvero riscrivere il mondo musicale americano, quanto perché anche un disco come Say What You Like, nato in piena filosofia del less is better, rappresenta sempre un bellissimo esempio di come si scrivono canzoni semplici ma emozionanti. Canadese nato alla scuola di Gordon Lightfoot, dopo un tentativo come indie-folker (seguì in tour Bonnie Prince Billy usando il nome d’arte Dark Hand and Lamplight), dal 2008 Doug ha portato avanti una carriera senza clamori, ma con tanti riconoscimenti da stampa e pubblico locale. Se ve li siete persi, titoli come Constant Companion del 2010 o il bellissimo Strong Feelings del 2014 (dove comparivano addirittura Garth Hudson e Margareth O’Hara), sono sicuramente gli album da recuperare anche dopo aver apprezzato questa nuova fatica. Say What You Like è un quadretto di undici belle canzoni che musicalmente strizzano spesso l’occhio al mondo Laid Back di JJ Cale (subito evidente nella title-track in apertura) o il Mark Knopfler solista (Wide Open Plain sembra un brano del Van Morrison epoca Beautiful Vision con assolo alla Knopfler), pur conservando la struttura country (If I Wanted To) o folk (Almost) che rappresenta la radice musicale principale di Paisley. Si segnalano per immediatezza la bellissima ballad Rewrite History, impreziosita dalla voce di Felicity Williams, una I Wanted It Too Much che riflette perfettamente sulle ansie dell’amore, e una finale Old Hometown che racconta storie di casa con la stessa delicatezza del miglior John Gorka. Per il resto il disco ha una produzione secca che mette in primissimo piano le chitarre di Christine Bougie e Afie Jurvanen (musicista molto valido, sentito anche alle spalle di Feist, che è anche produttore dell’album), e lascia in sottofondo la sezione ritmica di Darcy Yates e Don Kerr, sempre attenta a non invadere, a parte forse nel momento più scanzonato e radiofonico di Make It A Double. Non è dunque un disco da autostrada quanto da tramonto visto dal portico questo Say What You Like, dotato di quel piccolo tocco di malinconia che vi farà sentire bene senza troppo intristirvi.

Nicola Gervasini

 

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