domenica 18 febbraio 2024

MASSIMILIANO LAROCCA

 

Massimiliano Larocca

DÀIMŌN

(Santeria Records - La Chute Dischi/Audioglobe)

File Under: You Want It Darker

Sta prendendo una direzione inaspettata, e se vogliamo sorprendente, la carriera di Massimiliano Larocca, artista toscano che seguiamo fin dagli esordi, quando dischi come ll Ritorno delle Passioni (2005) e, soprattutto, La Breve Estate del 2008, avevano contribuito a mantenere viva la tradizione della canzone popolar-cantautoriale nostrana. Probabilmente la non riuscitissima esperienza dei Barnetti Bros, supergruppo creato nel 2009 con l’amico Andrea Parodi, il maestro di genere Massimo Bubola, e il da noi ormai onnipresente Jono Manson, lo ha spinto a cambiare direzione in cerca di una marca più indipendente, perché da allora Massimo ha pubblicato dischi che davvero non abusano della parola “progetto”, in quanto sono realmente passi ponderati e approfonditi di un percorso che solo lui sa dove vuole arrivare. La svolta fu affidarsi nel 2014 alla produzione di Antonio Gramentieri per il disco Qualcuno stanotte, album intrigante in cui l’oggi Don Antonio cercava di scardinare le regole ferree di canzoni scritte ancora con in mente schemi classici. E poi l’incontro nel 2019 con l’ex Bad Seeds Hugo Race, che ha operato quasi allo stesso modo per il successivo Exit|Enfer, primo capitolo di una trilogia che giunge ora con questo al secondo capitolo DÀIMŌN.

E subito si nota come il processo iniziato col primo disco del sodalizio assume qui piena realizzazione, dove non c’è più un cantautore che affida le proprie canzoni ad un produttore perché le vesta coi suoi suoni, ma un autore che ha scritto brani specificatamente per un progetto artistico già ben definito, e il Larocca che si sente in questo album è davvero ormai lontano da quello degli esordi sia nella scrittura che anche nell’uso della voce, che segue la lezione dark-blues di Race per addentrarsi in un concept album dedicato al mito di Er raccontato da Platone nella sua Repubblica, a pretesto di un lungo ragionare sulla nostra essenza fatta di demonio e santità. Certo, qui si scivola verso altri riferimenti, tra Tom Waits e chitarre Marc-Ribottiane, e quel parlato alla Leonard Cohen di fine carriera che apre molti brani, e un pezzo come la lockdown-song Leviatano deve sicuramente qualcosa al Vinicio Capossela in zona Canzoni a Manovella, ma l’opera resta comunque un bello sforzo personale che sicuramente mette in campo un autore che non si sta accontentando dei complimenti passati. Tra i brani si fanno notare anche Giorni di Alcione, L’abbandono e il singolo Non saremo più gli stessi, in cui si apprezza meglio la voce di Federica Ottombrino, metà del duo partenopeo Fede'n'Marlen, ormai assunta in pianta stabile in una band forte di collaboratori ormai storici come lo stesso Don Antonio, Roberto Villa, Franco Beat Naddei e Diego Sapignoli.

Ci sarebbe da approfondire il gran lavoro di produzione e post-produzione (opera di Nicola Baronti, collaboratore di Iosonouncane), ma mi piace soffermarmi anche sulla confezione del disco, con tre bellissime copertine create dall’illustratore Enrico Pantani, una destinata alla versione vinile e due a quella CD, che dimostrano che c’è ancora differenza tra registrare in casa una canzone in una mattinata e buttarla nel mare magnum delle piattaforme streaming, e creare in quattro anni un’opera che forse non venderà tanto da portare Larocca nelle classifiche, ma resterà nel tempo, nelle case giuste, su quei lettori o piatti che ancora sanno accogliere un lavoro ben fatto.

Nicola Gervasini

 

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