domenica 18 febbraio 2024

BOB DYLAN LIVE

 

Bob Dylan

Live at Forest National, Brussels. 15 Ottobre 2022

Partiamo subito dalla considerazione finale: gli artisti over 70 (e in questo caso pure 80) che non smettono di girare il mondo suonando con tutto il fiato rimasto in corpo sono ancora parecchi, più o meno tutti i grandi del rock rimasti brillantemente in vita lo stanno ancor facendo, ma sono pochi quelli che possono permettersi di suonare tanti brani nuovi, oltretutto buttati in mezzo ad una scaletta che ignora i grandi classici, e uscirne sotto gli applausi. Vero, Bob Dylan di grandi classici ne ha più di tutti, ed è impossibile coprirli tutti in una serata, e inoltre il suo pubblico negli anni si è educato a non aspettarsi mai nulla di ordinario, ma la mia considerazione iniziale è di fatto il tema centrale dei concerti di questa fase 2022 del suo Never Ending Tour. Noi lo abbiamo sentito nella data di Bruxelles del 15 ottobre scorso, con il nostro cellulare impacchettato in una borsetta per più di tre ore (si, siamo sopravvissuti, l’esperimento ha avuto esito positivo), un pubblico attento e preparato sulle canzoni che sarebbero state eseguite, e nessuno - dico nessuno - che ha inopportunamente richiesto a gran voce canzoni che mai Bob avrebbe eseguito. Già perché l’uomo che era famoso per l’imprevedibilità del suo umore nei concerti e per lo stravolgere i classici fino a renderli irriconoscibili, oggi si presenta ogni sera con la stessa scaletta, eseguita con la chirurgica precisione di una orchestra classica, e nemmeno un inizio tremendo in cui i due mixeristi non si sono evidentemente messi d’accordo, tanto da rendere i primi due brani pressoché inascoltabili, ha potuto scalfire quell’aria di tutto come previsto che regnava sul palco. Dylan ha cantato con convinzione, costantemente nascosto dietro un poco rassicurante pianoforte nero che, è vero, sa suonare come un ragazzino alla terza lezione di conservatorio, ma fa nulla, perché poi i suoi assoli su una nota, partiti fuori tempo e rientrati solo perché la rodatissima band si affrettava con grande nonchalance a farli rientrare, finiscono per essere l’unico elemento veramente anarchico della serata. E così i momenti migliori del concerto sono proprio i brani tratti dal recente Rough and Rowdy Ways, o sarebbe meglio dire tutto il disco, visto che dei dieci brani dell’album, solo la lunga Murder Most Foul non è stata eseguita. Il poco spazio quindi dato al suo passato non ha stonato, soprattutto perché per alleggerire il tono comunque verboso delle sue ultime creazioni, Dylan ha tirato fuori dal cilindro alcuni dei suoi brani liricamente più semplici e scanzonati come I’ll Be Your Baby Tonight, To Be Alone With You, Most Likely You Go Your Way and I'll Go Mine e Watching The River Flow. Significativamente, considerando anche When I Paint My Masterpiece , sono per la maggior parte brani appartenenti al suo felice ritiro a Woodstock a cavallo tra gli anni 60 e i 70, che è stato il suo periodo meno celebrato dai critici, esattamente come quello definito “religioso”, da cui ha tratto Gotta Serve Somebody e il finale di Every Grain Of Sand, e anche questa scelta pare una chiara provocazione che il pubblico ha gradito senza battere ciglio. La scaletta è infatti parsa quella giusta, vuoi perché oggi Dylan suona fondamentalmente un blues rauco e rigoroso che necessita un certo tipo di canzone, vuoi perché così alla fine persino il divertente intermezzo di That Old Black Magic, standard di Johnny Mercer uscito dal più recente “periodo Sinatra”, è stato una gradevole pausa di ritmo e leggerezza. Insomma, Dylan sfida il mondo proponendo solo brani nuovi o brani derivanti dai suoi periodi più criticati, e ne esce vincente. Quale altro artista non uscirebbe tra i fischi oggigiorno?

Nicola Gervasini

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