Dinosaur
Jr.
Sweep It
Into Space
(2021,
Jagjaguwar)
File Under:
We Are Family
La voce un po’ stridula e quasi
sofferente di J. Mascis è sempre quella, e pure la chitarra un po’ acida e distorta
si riconosce subito, eppure i Dinosaur Jr. nel 2021 continuano a
provarci ad uscire dallo schema fisso della loro musica. Dire che poi ci si
siano mai riusciti è arduo, in fondo i loro dischi più acclamati sono quelli
più scarni in cui emerge il loro stile nudo e puro, e album come Hand It Over o
I Bet on Sky (ma per una certa critica anche il classico Green Mind), in cui
più che in altre occasioni cercavano di far evolvere il loro suono, sono generalmente
visti come episodi minori. Chissà, quindi, cosa penseranno i loro “hard-fans”
quando vedranno il video di Take It Back, primo estratto da questo Sweep
It Into Space, trovandosi davanti a quella che è fondamentalmente una
pop-song, non so poi quanto leggera visto che Mascis non è mai stato tipo in
vena di grandi disimpegni. A rendere il tutto decisamente rassicurante arriva
anche un bel video con figure in pongo, come si usava spesso fare negli anni
90, e il batterista Murph sui social ha ironizzato sul fatto di presentarsi con
un video così alla portata di tutti, piccoli compresi, ricordando che nel frattempo
J. Mascis e Lou Barlow sono diventati padri. Ed è da qui che forse bisogna partire
per capire come sia possibile che questa line-up a tre, che negli anni 80 resse
tra mille litigi solo l’arco di tre album, dal 2007 ad oggi abbia pubblicato
cinque album con la tranquilla regolarità degli scafati professionisti.
Partendo da questo presupposto non meraviglia quindi che Sweep It Into Space
sia un disco piacevole fin dal primo ascolto, persino accomodante, pur
conservando quelle spigolature che rappresentano il marchio di fabbrica della
casa, sicuramente meno sofferto del precedente Give a Glimpse of What Yer
Not che forse del nuovo corso era il disco che aveva ricevuto più consensi
(ma invecchia bene anche Beyond del 2007). Certo, qui si concedono
qualche uscita dal seminato in più (I Ran Away, And Me), ma alla fine
anche il fan di vecchia data che può vantarsi di aver comprato Bug prima
di tutti può ancora sentirsi a casa con brani come I Met the Stones, Hide
Another Round o To Be Waiting. Quello che traspare è la mancanza di
tensione, e non so quanto sia un bene, ma pare evidente che Lou Barlow si stia
accontentando davvero di fornire alla causa solo un paio di brani ad album (qui
sono la quasi folk You Wonder e la notevole Garden) e mettersi comunque
al servizio del Mascis-pensiero. Sarà forse anche che l’album è stato
registrato a distanza per le cause che ben sapete dopo le prime sessions in comune,
tanto che stavolta ci si è potuto permettere persino un ospite (Kurt Vile).
D’altronde già nell’iniziale I Ain’t Mascis urla “I ain’t good alone”
con la forza di chi sa che l’unione fa la forza, e l’dea che ci si fa è che quella
dei Dinosaur Jr non sia stata una “reunion”, ma solo una continuazione di un qualcosa
che non sarebbe mai dovuto finire (anche se va ricordato che anche senza Barlow
la sigla ha licenziato dischi belli e importanti come Where You Been), e che soprattutto
non hanno intenzione di far finire finché gli sarà possibile. Che dite, preparo
già una recensione per il loro disco del 2040 in cui li paragonerò ai Rolling
Stones per longevità, coerenza stilistica, e tenuta della formazione?
Nicola Gervasini
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