lunedì 15 dicembre 2014

THE BEST OF 2014

E come ogni anno il momento più nerd dell’esistenza di un musicofilo…le classifiche di fine anno…valide fino al 3 gennaio dell’anno dopo, data in cui scopri di aver dimenticato cose imprescindibili….quest’anno sparo una TOP 20 che racchiude il meglio di varie categorie…di cui comunque ho fatto top 10 a tema
Partiamo dalla fine dunque, cioè dal riepilogo….i dischi che più mi sono piaciuti quest’anno:

1             LUCINDA WILLIAMS      Down Where the Spirit Meets the Bone
2             WAR ON DRUGS             Lost In The Dreams
3             NENEH CHERRY               Blank Project
4             BEN WATT          Hendra
5             RYAN ADAMS   Ryan Adams
6             DAMIEN JURADO            Brothers and Sisters of the Eternal Son
7             BECK     Morning Phase
8             LEONARD COHEN            Popular Problems
9             CHRISTOPHER DENNY   If the Roses Don't Kill Us
10           SHARON VAN ETTEN     Are We There
11           MORRISSEY        World Peace is None of Your Business
12           ROBERT ELLIS    The Lights from the Chemical Plants
13           NEIL DIAMOND                Melody Road
14           LINDA PERHACS               The Soul Of All Natural Things
15           NICOLE ATKINS                Show Phaser
16           NADA   Occupo poco spazio
17           JOHN MELLENCAMP      Plain Spoken
18           SEAN ROWE       Madman
19           MARIANNE FAITHFULL Say Goodbye to London
20           DAVID CROSBY Croz


E ora le categorie



BEST BLACK RECORD

Le quote nere, ricordando che nel rock esiste un razzismo al contrario per cui questo non è il ghetto, ma il paradiso. Neneh Cherry vince a mani basse con un mezzo capolavoro, Curtis Handing è il nuovo nome da seguire, Swamp Dogg il vecchio riesumato che torna a graffiare…in tutto ciò Prince non sale sul palco con ben due dischi, anche se quello hendrixiano-blues-rock resta un bel ritorno..Sharon Jones si conferma ma il New soul comincia un po’ a ripetersi, come evidenziano le discrete performance di Lee Fields e Ruthie Foster. In coda un Kravitz talmente tamarro e sputtanato da riuscire a divertire in almeno un paio di brani e un Robert Cray chiamato solo per fare cifra tonda

               
1             NENEH CHERRY                Blank Project
2             CURTIS HARDING            Soul Power
3             SWAMP DOGG The White Man Made Me Do It
4             PRINCE PlectrumElectrum
5             SHARON JONES & THE DAP-KINGS         Give the People What They Want
6             LEE FIELDS          Emma Jean
7             RUTHIE FOSTER                Promise Of A Brand New Day
8             PRINCE Art Official Age
9             LENNY KRAVITZ               Strout
10           ROBERT CRAY BAND      In My Soul









AMERICANA RECORD OF THE YEAR       

Vince la categoria, ma l’anno tutto intero, una che avevo già decretato in declino da qualche anno…e invece sforna un doppio devastante, proprio perché non ha cercato di strafare e di essere la caricatura di sé stessa. Stessa cosa successa a Ryan Adams, fa un disco all’insegna della semplicità e fa centro con il car-record dell’anno…si conferma Mellencamp in versione folksinger, una Gauthier di gran classe, un prophet in vena di sperimentazioni, il divertente disco di Lydia Loveless, delude ma non abbastanza da strappare qualche applauso l’esordio solista con figliolo di Jeff Tweedy (vedi sezione video dell’anno però), tornano in forma anche senza strabiliare Matthew Ryan e Mark Olson

1             LUCINDA WILLIAMS       Down Where the Spirit Meets the Bone
2             RYAN ADAMS   Ryan Adams
3             JOHN MELLENCAMP      Plain Spoken
4             MARY GAUTHIER            Love & Trouble
5             CHUCK PROPHET             Night Surfer
6             LYDIA LOVELESS               Somewhere Else
7             TWEEDY               Sukierae
8             JIMBO MATHUS              Dark Night of the Soul
9             MATTHEW RYAN             Boxers
10           MARK OLSON   Goodbye Lizelle






BAND RECORD OF THE YEAR                                    
Diciamolo: la band non tira più in questi anni 2000…il solista vince nel 2014. Di questa top solo i numeri uno (WAR ON DRUGS, vera sorpresa dell’anno) finiscono in top 20. Counting Crows con il loro disco peggiore (che resta comunque un bel sentire) ma con uno dei singoli più belli del 2014 (Palisades Park, vedi podio video) si guadagnano il podio, insieme alla new entry Delines. Discrete conferme per una serie di band che hanno fatto sentire il meglio qualche anno fa, ma tengono botta (Hiss Golden Messenger, Felice, Truckers, Holde Steady), i sempre travolgenti Fleshtones, un intenso anche se un po’ noioso nuovo Eels (band per modo di dire…) e l’americana in ritardo di 20 anni dei bravi  Railroad Earth
1             WAR ON DRUGS              Lost In The Dreams       
2             COUNTING CROWS        Somewhere under wonderland             
3             DELINES               Colfax  
4             HISS GOLDEN MESSENGER         Lateness of dancers      
5             FELICE BROTHERS            Favourite Waitress        
6             DRIVE-BY TRUCKERS      English Oceans
7             HOLD STEADY    teeth Dream    
8             FLESHTONES      Wheels Of Talent           
9             EELS       The Cautionary Tales of Mark Oliver Everett     
10           RAILROAD EARTH            Last of the Outlaws       






                PREMIO QUOTE ROSA (BEST FEMALE)                 
Il 2014 è l’anno di Sharon Van Etten, no way, ma il disco-donna che ho ascoltato alla nausea è quello di Nicole Atkins (vedi video), sottovalutatissimo. Bene la O’Connor anche se forse preferivo il precedente, alcuni ritorni di classe anche se non entusiasmanti per la Vega e la Merchant (forse da mettere nelle delusioni viste le attese), buone cose dal mondo roots come la ex Indigo Girls Amy Ray, una Di Franco verso il pieno ritorno alla forma e una Frazey Ford interessante, anche se ancora da far maturare. In mezzo il disco hype del 2014, St Vincent…a giugno per me era una cagata pazzesca, verso ottobre ha cominciato a dirmi qualcosa,…forse per il 2017 risale ancora.

1             SHARON VAN ETTEN     Are We There                  
2             NICOLE ATKINS                Show Phaser
3             SINEAD O'CONNOR          I'm Not Bossy, I'm The Boss                                     
4             ANDREA SCHROEDER    Where the Wild Oceans End                     
5             SUZANNE VEGA              Tales From The Realm Of The Queen Of Pentacles                        
6             AMY RAY             Goodnight Tender                        
7             NATALIE MERCHANT     Natalie Merchant                          
8             FRAZEY FORD    Indian Ocean                   
9             ST.VINCENT       St. Vincent                        
10           ANI DIFRANCO Allergic to Water         


             SONGWRITERS (INDIE OR NOT)
Beck in versione songwriters mi è piaciuto, grandi cose da piccoli outsiders come Jurado, Denny, Ellis, Rowe, il piccolo Cohen, buon ritorno (ma non mi esalto) per Damien Rice, classe e mestiere tengono a galla vecchie volpi come Joe Henry, Bonnie Prince Billy e un Kozelek/sun kil moon forse troppo straripante ma sempre interessante. In coda alcuni extra comunque di valore

1 BECK Morning Phase
2 DAMIEN JURADO Brothers and Sisters of the Eternal Son
3 CHRISTOPHER DENNY If the Roses Don't Kill Us
4 ROBERT ELLIS The Lights from the Chemical Plants
5 DAMIEN RICE My Favourite Faded Fantasy
6 SEAN ROWE Madman
7 ADAM COHEN We Go Home
8 JOE HENRY Invisible Hour
9 BONNIE PRINCE BILLY Singer's Grave a Sea of Tongues
10 SUN KIL MOON Benji

11 BARZIN To Live Alone...
JOHN GORKA Bright Side of Down
J MASCIS Tied to a Star
SIMONE FELICE Strangers




BRITANIA DOES IT BETTER

Nel Regno Unito oltre al culo di Pippa abbiamo anche apprezzato il tgran bel disco dell'ex Everything But The Girl Ben Watt, un Morrissey che sa sorprendere anche da malato, la coppia dei Bautiful South Heaton.Abbott con un disco poco riconosciuto...Damnon Albarn voleva vincere, ma il suo album è forse fin troppo cervellotico, seppur davvero interessante, Marr ormai è lanciato in piena tamarraggine brit-pop ma diverte...il resto vede vecchi che ce la fanno (Peter Murphy in versione Bowie-techno, Brian Eno in versione Bowie-pop), band che esistono ancora (Turin Brakes), giovani che fanno finta di crescere ma ce la fanno a metà (Nutini), casi persi che perlomeno non scendono troppo di livello (Gray) 

1 BEN WATT Hendra
2 MORRISSEY World Peace is None of Your Business
3 PAUL HEATON & JACQUI ABBOTT What Have We Become
4 DAMON ALBARN Everyday Robots
5 JOHNNY MARR Playland
6 TURIN BRAKES Where we were
7 PETER MURPHY lion
8 BRIAN ENO & KARL HYDE Someday World
9 PAOLO NUTINI Caustic Love
10 DAVID GRAY Mutineers



       
               

                VECCHI CHE CE LA FANNO                                                        
Sono vecchi ma insegnano ancora rock a tutti…dischi che hanno migliorato discografie già illustri, segno che qualcosa vive ancora anche nei settantenni..Cohen fa il suo disco migliore dai tempi di The Future, Neil Diamond ci si renderà conto solo fra anni di che gran disco ha fatto, Linda Perhacs riesumata a ragione, Crosby che rifà sempre la stessa canzone ma per diana se è bello sentirla ancora!, gnocche di un tempo passato rimaste gnocche dentro come la Fauthfull e la sorprendente Nicks, Neil Young che zitto zitto ripara alla merda precedente (si veda sezione VECCHI CHE NON CE LA FANNO) con il suo miglior disco da parecchio tempo, Hitchcock che infila la cover dell’anno (il pezzo dei Psychedelic Furs), Browne che (vedi commento a Crosby) e Bob Mould che qualcosina da insegnare a chi vuole fare casino con una chitarra ce l’ha ancora      

                                         
1             LEONARD COHEN            Popular Problems                                         
2             NEIL DIAMOND                Melody Road                                   
3             LINDA PERHACS               The Soul Of All Natural Things                                  
4             DAVID CROSBY Croz                                     
5             MARIANNE FAITHFULL Say Goodbye to London                                            
6             STEVIE NICKS    24 Karat Gold Songs from the Vault                                      
7             NEIL YOUNG      Storytone                                         
8             ROBYN HITCHCOCK        The Man Upstairs                                          
9             JACKSON BROWNE        Standing In The Breach                               
10           BOB MOULD      Beauty & Ruin                                 
               
                              





                VECCHI CHE FANNO FATICA E GUARDANO I LAVORI IN CORSO              
Poco da dire…fanno dischi che possono piacere solo se amate la SAME OLD SOLFA…non fanno schifo, è che non se ne capisce l’utilità….insomma , non da ospizio, ma da mettere al pomeriggio su una panchina a ricordare i tempi d’oro mentre lanciano pane ai piccioni

1             JOHN HIATT       Terms of my Surrender
2             JOHN MAYALL  A special life
3             JERRY LEE LEWIS              Rock and roll time
4             ROBERT PLANT Lullaby... and the ceaseless roar
5             WILKO JOHNSON/ROGER DALTREY        Going back home
6             VASHTI BUNYAN             heartleap
7             BASEBALL PROJECT        3d
8             IAN ANDERSON               Homo Erraticus
9             CHUCK E WEISS                Red Beans & Weiss
10           LOUDON WAINWRIGHT III         Haven't Got The Blue (Yet)








                VECCHI CHE NON CE LA FANNO PIU'    
Ecco…questi invece sono da pensionare. Dischi brutti, inutili, prese per il culo (vedi Pink Floyd e Springsteen), ritorni agghiaccianti (Afghan whigs e Pixies), casi persi ormai da tempo (u2 e Santana), gente come Seger che annuncia davvero la prossima pensione con un disco che serve solo a dire “vai pure Bob, hai ragione, è ora di riposarsi..” Ma su tutti svetta lui, Neil Young, con il disco più brutto della storia del rock. Che ha pure l’aggravante di essere stato presentato come una roba seria.

1             NEIL YOUNG      A letter Home
2             U2          Songs of Innocence
3             PINK FLOYD       Endless River
4             SANTANA           Corazon
5             BRUCE SPRINGSTEEN    High Hopes
6             AFGHAN WHIGS              Do to the beast
7             PIXIES   Indie Cindy
8             BOB SEGER         Ride Out
9             CHRISSIE HYNDE              Stockholm
10           LEON RUSSELL  Life Journey





                DELUSIONI DEL 2014     

Ancora I bocciati… quelli che ci aspettavamo tanto, invece...anche se si tratta di dischi comunque ascoltabili…Lamontagne sbaglia il primo disco in carriera, Robinson vince il premio per il disco più cannato del 2014, Petty non scrive più un brano decente e l’avere a disposizione una band della madonna diventa un’aggravante, Jack White tenta di sembrare grande ma non ci riesce, Jenny lewis si fa produrre da Ryan Adams ma canna le canzoni, i Black Keys sono buoni per gli aperitivi nella Milano da bere ormai, Conor Oberst non capiremo mai se poi era veramente bravo o no, i New Pronographers ci spiegheranno un giorno che musica vorrebbero fare, i Church si aggrovigliano su se stessi (ma restano una band adorabile), e soprattutto Jospeh Arthur uccide Lou Reed una seconda volta con il cover-record più inascoltabile del 2014


1             RAY LAMONTAGNE        Supernova
2             CHRIS ROBINSON            Phosphorescent Harvest
3             TOM PETTY & THE HEARTBREAKERS       Hypnotic Eye
4             JACK WHITE       Lazaretto
5             JENNY LEWIS     The Voyageur
6             BLACK KEYS        Turn Blue
7             CONOR OBERST               Upside Down Mountain
8             NEW PRONOGRAPHERS              Bill Bruisers
9             CHURCH              Further Deeper
10           JOSEPH ARTHUR              Lou

                



ITALIANI BIG    
Ho ascoltato 5 dischi di musica italiana..di gente tutta over 60…il che la dice lunga. Però Nada entra in top 20 e non la si discute, Paolo Conte torna a fare un disco degno del suo buon nome, De Sfroos non esalta ma tiene comunque un buon livello, Finardi e Fortis provano a rigenerarsi, e a tratti ci riescono anche

1             NADA   Occupo poco spazio
2             PAOLO CONTE  Snob
3             DAVIDE VAN DE SFROOS             Goga e Magoga
4             EUGENIO FINARDI          Fibrillante
5             ALBERTO FORTIS             DO L'ANIMA

ITALIANI OUTSIDERS    
L’ita-americana quest’anno sforna almeno 3 dischi di ottimo livello (Larocca, Lowlands e Mandolin Borthers) e una serie di dischi autoprodotti che ho comunque ascoltato con piacere e che comunque tengono viva una scena di nicchia e di amici ormai maturata bene.
                              
1  MASSIMILIANO LAROCCA      Qualcuno Stanotte
2 LOWLANDS     Love etc
3  MANDOLIN' BROTHERS           Far Out
INOLTRE..(ORDINE SPARSO)
                VERILY SO           Islands
                LITTLE ANGEL & THE BONECRASHERS    J.A.B.
                CHRIS CACAVAS & EDWARD ABBIATI     Me and The Devil
                LA ROSA TATUATA         Scarpe
                GUANO PADANO           Americana
                STEFANO GALLI               Focus
                CHEAP WINE     Beggar Town
                MATT WALDON               learn To Love
                MICHELE ANELLI & Chemako     MICHELE ANELLI & Chemako    


PREMIO SPECIALE: 

DISCO DA RIVALUTARE DEL 2014 (aka: lo capiremo solo nel 2018)                    
                MARK LANEGAN BAND                Phantom Radio + No Bells on Sunday EP
DISCO CHE MAI AVREI PENSATO DI POTER ASCOLTARE CON PIACERE
                 FOO FIGHTERS                                Sonic Highways


I TRE VIDEO DELL’ANNO
1)      COUNTING CROWS – PALISIDES PARK
La favola rock del 2014
https://www.youtube.com/watch?v=8-tFkOBU1BQ

2)      NICOLE ATKINS – Girl You Look Amazing
..e la sua idea di uomo ideale del 2014

3)      TWEEDY – Low Key
Il mercato discografico nel 2014 spiegato da un genio e suo figlio

https://www.youtube.com/watch?v=29YGcuRk3mM

martedì 9 dicembre 2014

RYAN ADAMS

Se la musica americana ha avuto una certa vitalità anche negli anni zero, molto lo si deve all’ex Whiskeytown Ryan Adams e alla sua disordinata (ma spesso altissima) produzione. Per contro la sua assenza (o perlomeno quella di un degno successore) potrebbe essere una delle cause del momento di stanca creativa del genere. Adams in verità non è mai scomparso, solamente ora le cose serie le ragiona con più calma. Ryan Adams (Pax-Am) ha il non–titolo tipico delle opere prime, un vezzo che spesso significa voglia di ripartire da zero, tre anni dopo l’apprezzabile ma involuto Ashes & Fire. Non sarà certo l’album che riaprirà una stagione di seguaci e imitatori, ma fin dall’apertura di Gimme Something Good si respira una sana aria da perfetto country-rock radiofonico. Adams non ha perso la capacità di emozionare con la voce e con la penna, ma qui ribadisce con forza la recente tendenza a cercare le facili vie del mainstream già evidenziate da Cardinology del 2007 (lui stesso cita il suo quasi omonimo Bryan Adams come ispirazione del momento). E così ritrova sia le sue classiche dolenti ballate (Wrecking Ball), sia l’epica del rock americano di marca springsteeniana (Shadows e Tired Of Giving Up), per assemblare un divertente quanto scontato car-record che segna la resa definitiva delle possibilità di evoluzione del genere. Ma se mai si dovesse ripartire per nuovi lidi, lui avrà perlomeno già scaldato il motore.


Nicola Gervasini

venerdì 5 dicembre 2014

COLLEEN RENNISON

Colleen Rennison
See The Sky About To Rain
(Black Hen Music/Ird)
File Under: Cover Record

Quando ci arriva un ennesimo album di cover la tentazione è quella di neanche parlarne, visto che ne sono girati davvero troppi in questi anni di stagnazione della roots-music. Tanto più se non c’è nemmeno un gran nome in ballo, giusto per alimentare la curiosità del “sentiamo come Tizio rifà Caio” che ha tenuto in piedi miriadi di tribute-album. Qui invece abbiamo a che fare con la ben poco nota Colleen Rennison, bellezza canadese più riconoscibile dal pubblico del cinema e delle tv-series (recita fin da bambina, era ad esempio la figlia di Bruce Willis e Michelle Pfeiffer in Story of Us di Rob Reiner del 1999), una che ha iniziato a cantare grazie ad un reality musicale in tv, ma anche questo ormai non ci scandalizza più. Più che altro perché questo See The Sky About The Rain, che oltretutto è il suo esordio solista (ha all’attivo un titolo con la band dei No Sinner), è il classico esempio di disco azzeccato nei suoni e negli arrangiamenti, nel suo essere palesemente devoto alla Band (ben due riletture da Stage Fright, con la title-track resa scolasticamente, ma anche una All La Glory che è invece il vero pezzo forte del disco). Per il resto buono il mix di classici (Coyote della Mitchell, Why Don’t You Try di Cohen e la title-track di Neil Young), brani ben noti ai nostri lettori (la sempreverde Blue Wing di Tom Russell, White Freightliner di Townes Van Zandt) e tante chicche da scoprire, da pegni pagati ai vecchi padri di genere (Faney di Bobbie Gentry) a tributi a eroine più recenti (Oleander di Sarah Harmer). Suono rock alla Heartbreakers e fiati molto New-Orleans-oriented sono la ricetta del disco, con un risultato molto simile ad un disco di Tift Merritt.  See The Sky About The Rain svolge la sua funzione di puro intrattenimento più che egregiamente, in attesa che qualcuno ricominci a scrivere una nuova storia di questa musica.

Nicola Gervasini

mercoledì 3 dicembre 2014

STEFANO GALLI

Stefano Galli
Focus
(Stefano Galli, 2014)
File Under: Italian Guitar-hero
La figura del guitar-hero blues alla Stevie Ray Vaughan non è più particolarmente di moda di questi tempi, anche se in Italia continua ad esistere una folta schiera di buoni manici (dimenticandone tanti, mi vengono subito in mente Paolo Bonfanti, J Sintoni, Francesco Piu) che, bene o male, riescono a fornire sempre concerti indiavolati e produzioni discografiche comunque interessanti. Sarà per questo che anche Stefano Galli, chitarrista blues di scuola elettrica, ha azzardato con Focus (è il suo secondo album dopo Play It Loud! del 2013) una sorta di piccolo bigino di musica americana, travalicando spesso e volentieri gli schemi del blues. Il suo tocco resta quello che può ricordare un Kenny Wayne Shepherd, per dare un riferimento preciso (in Lonely Day lo ricorda parecchio), ma sono le canzoni che invece spaziano nei generi toccando il semplice heartland-rock da fm americana della title-track, il roots acustico di If I Lived, il momento romantico-riflessivo di Catherine, la black music di Price, il quasi country di I Can’t Stand You Anymore, il finale bluegrass di Vesta Light. A volte magari la voce non è quella giusta (la cover di Bring It On Home To Me di Sam Cooke è azzeccata nel pathos, ma avrebbe necessitato ben altra potenza vocale), e ovviamente quando torna nel recinto del blues lo si sente sempre più a suo agio (Jealous,  e lo strumentale Funny Slide). Visto che è solo il secondo disco possiamo anche pensare che ci siano ancora margini di miglioramento, ma il disco è ben registrato e diverte, e soprattutto il focus, inteso come obiettivo, è già quello giusto: è solo sperimentando stili che prima o poi se ne creerà uno proprio. Da seguire.
Nicola Gervasini

lunedì 1 dicembre 2014

GUANO PADANO


 Guano Padano Americana[Ponderosa Music & Art 2014] 

www.guanopadano.it

 File Under: Padamericana

di Nicola Gervasini (03/12/2014)

Mettere il disco dei Guano Padano in bacheca accanto a quelli dei Sacri Cuori sarà forse inevitabile, se usate archiviare per genere e non per ordine alfabetico, o magari chi preferisce un ordine "a tema" potrebbe anche scegliere di piazzarli in appendice all'intera discografia di Vinicio Capossela, visto che il batterista Zeno De Rossi è un suo assiduo collaboratore. Con la ormai abbastanza nota band di Antonio Gramentieri i tre (completano il combo Alessandro "Asso" Stefana e Danilo Gallo) hanno in comune quel gusto di unire tradizione padana (nel loro caso richiamata anche nel nome) e di una certa americana/roots riconducibile ai Calexico e dintorni.

Eppure Americana, titolo e immagine di copertina quanto mai esplicativi, si differenzia molto da Rosario, pur essendo entrambi album prettamente strumentali: laddove Rosario guardava all'America creando immagini che si sposassero con la tradizione padana, Americana non guarda ma legge, cerca il lato letterario pur negando la parola. In altre parole se Rosario sa di colonna sonora di un ipotetico road-movie italo-americano (non a caso i Sacri Cuori sono poi stati chiamati a comporne una per il film Zoran), Americana potrebbe essere l'ideale sottofondo di un reading di Jack Kerouac o Allen Ginsberg, in pure stile da beat generation. La ragione sta nella ratio del progetto: 17 frammenti musicali pensati come commento ad altrettanti racconti di autori americani che il grande Elio Vittorini (aiutato da Cesare Pavese, Eugenio Montale e Alberto Moravia per le traduzioni) riunì in una storica antologia negli anni quaranta, che costituisce ancora oggi il primo grande tentativo di portare la letteratura statunitense nelle case degli italiani, molto prima dell'avvento di Fernanda Pivano.

John Steinbeck, John Fante, William Faulkner, Ernest Hemingway e tanti altri nomi più o meno rimasti celebri sono le muse di 17 brani che loro stessi dicono ispirarsi a Calexico (ça va sans dire…), Morricone (ma va?) e Link Wray (e qui la cosa si fa più originale). Di fatto Americana è un disco di suggestioni varie, dove solo le voce di John Fante che descrive il padre in Dago Red e di Joey Burns che in My Town descrive la sua città natale attraverso le parole di Sherwood Anderson rompono il ritmo esclusivamente musicale dell'album, oltre all'unico brano veramente cantato (The Seed and The Soil, con la voce di Francesca Amati). Intervengono poi una sempre opportuna sezione fiati (spettacolare in Pian della Tortilla, ovviamente dedicata a Steinbeck) e qualche comparsata di Cabo San Roque e Mark Orton (quest'ultimo è l'autore della colonna sonora del film Nebraska di Alexander Payne).

L'ideale per gustare sarebbe recuperare la preziosa antologia del Vittorini e rileggerla con queste canzoni, per capire se poi davvero i tre hanno colto lo spirito di quelle parole, ma anche come disco a sé stante Americana rappresenta un nuovo importante capitolo di una integrazione culturale tra tradizione italiana e americana che purtroppo non si è mai compiuta a fondo.

BILL RYDER-JONES

  Bill Ryder-Jones Lechyd Da (Domino 2024) File Under:   Welsh Sound I Coral sono da più di vent’anni   una di quelle band che tutti...