lunedì 15 dicembre 2025

Mirador

 

Mirador

Mirador

Universal

**1/2

 

C’è da anni una profonda discussione tra i fans del rock “old style” riguardo i Greta Van Fleet. Le opinioni sulla band spaziano tra gli estremi di “Meri plagiari/pataccari dei Led Zeppelin” a “La dimostrazione vivente che il rock non morirà mai”, e sta a voi decidere in quale punto della linea posizionare la vostra opinione. Tra l’altro è lo stesso tipo di diatriba che ha accolto i loro contemporanei di casa nostra Måneskin, e anche qui lascio ad altre occasioni la discussione sulle debite distanze da porre tra i due gruppi.

In ogni caso, su una cosa è possibile concordare tutti riguardo ai Greta Van Fleet, e cioè che hanno studiato bene i classici, e sicuramente li sanno suonare con quella dovuta maestria che gli ha garantito un grande successo, anche tra le giovani generazioni. Per cui c’è poco da storcere il naso per questo side-project chiamato Mirador del loro chitarrista Jake Kiszka, che ha unito le forze con Chris Turpin degli Ida Mae, interessante duo di folk-blues elettrico sponsorizzato da Ethan Johns qualche anno fa.

Qui si respira aria da nuovo hard-blues bidimensionale alla White Stripes o Black Keys prima maniera direi, con “riffoni” subito in bella mostra fin dall’iniziale Feels Like Gold, e con una sezione ritmica, formata dai session-men Mikey Sorbello e Nick Pini, che picchia e pulsa come richiesto dal genere. Oppure altra ispirazione viene dalla frequentazione di Turpin con Marcus King, visto che lo strascicato blues Roving Blade gira da quelle parti, o forse ancor più li avvicina ai Gov’t Mule.

Il problema è che, esaurite le presentazioni sul “da dove veniamo”, la band si arena poi nel resto del disco su un “cosa facciamo” che sa davvero troppo di déjà vu per noi vecchi frequentatori del genere. E, più che altro, il duo non risolve il dilemma se essere una semplice hard-blues-band da bassifondi, o una possibile proposta da magniloquente “Style rock di Virgin Radio”, con tutto il dovuto rispetto per la loro programmazione.

Anche la ballatona acustica Must I Go Bound, con tanto di echi di Irish music, o una Dream Seller sommersa da archi sintetizzati, sanno un po’ di vecchio FM Rock, mentre il doveroso “momento alla Zeppelin” di Fortunes’ Fate, ricorda quanto il disco assomigli alla collaborazione di metà anni 90 tra Jimmy Page e David Coverdale. Produce Dave Cobb, ma il suo tocco solitamente al servizio di artisti del nuovo country (Chris Stapleton, Jamey Johnson, Colter Wall,...) si sente poco. In ogni caso se cercate chitarre e riff di un tempo, tra slide-guitars sferraglianti (Blood and Custard, Heels of The Hunt), qualche deviazione pseudo-grunge quasi alla Soundgarden (Ten Thousand More To Ride), e epiche e sofferte ballatone (Skyway Drifter), qui c’è un edibile pane per i vostri denti.

 

Nicola Gervasini

 

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