24/06/2009
Rootshighway
Chris Grabau, vocalist, songwriter e chitarrista dei Magnolia Summer, è un artista che ha imparato l'arte della vita comunitaria nelle strade di St. Louis, città in cui da anni respira la stessa aria da rock di periferia dei Bottle Rockets. Con quest'ultimi Grabeau ha condiviso spesso il palco, il chitarrista John Horton e tanti ideali di vita e di musica, tanto da consigliarne caldamente l'ascolto anche nelle note di copertina. E' grazie a questa idea di collegialità musicale che sta alla base del suo background che i Magnolia Summer figurano ufficialmente essere in sette, quando poi, controllando le singole sessions di questo Lines From The Frame (per la cronaca è il terzo album della band), si scopre che solo nella conclusiva Epitaph viene schierata la line-up al completo. I Magnolia Summer sembrano arrivati per ribadire che i suoni e i sapori dell'alt-country degli anni '90 sono tutt'altro che morti, che la provincia americana necessita ancora di un disco assolutamente "Uncle Tupelo-Like" per poter esprimere i propri disagi, o forse semplicemente per cominciare a dare a Fabio Cerbone nuovo materiale per un futuro secondo volume del libro Levelland. Lines From The Frame è un bel disco di genere, assolutamente prevedibile nelle soluzioni musicali, con quel mix di elettrico e acustico, di suadenti "Nashville guitars" intrecciate agli stessi suoni rozzi e rauchi dei dischi dei Bottle Rockets che costituiscono ricetta sicura e consolidata del rock americano. La differenza in questo caso la fanno le canzoni, e lo si intuisce subito al secondo tentativo, quando dopo il breve incipit corale di Like Setting Suns, la lunga Diminished Returns getta subito un maturo e convincente manto di malinconia grazie al bel violino di Kevin Buckley. Sono canzoni che battono lo stesso ritmo del Neil Young più classico (Short Wave Decline), che viaggiano sulle stesse coordinate dei Son Volt epoca Straightaways (l'intensa Birds Without A Wire, impreziosita dalla voce di Kelly Kneiser dei Glossary, altra band di casa Undertow) e che sanno trovare anche ritmi potenti (la batteria di John Baldus picchia forte un ritmo quasi dance in The Wrong Chords) e riff che ricordano molto quanto sentito in tempi recenti dai Whipsaws (To Better Days). La title-track invece sembra cercare linee melodiche può ardite, quasi sulla falsariga dei Wilco di ultima generazione, sicuramente richiamati anche nell'incedere suadente di By Your Side, alla quale manca proprio un elemento dirompente (la chitarra di Nels Cline? qualche diavoleria inventata da Tweedy in studio di registrazione?) per poter entrare di diritto nella serie A, e pure in buona posizione di classifica. Finale con brio con Pulling Phase To Ground prima del nuvoloso finale di Epitaph. Verrebbe da definirlo un disco fuori tempo massimo questo Lines From The Frame, ma siamo poi così sicuri che invece non stia tornando di nuovo il suo tempo? (Nicola Gervasini)