sabato 29 agosto 2009
THE AIRBONE TOXIC EVENT - The Airbone Toxic Event
29/07/2008
Rootshighway
Nel suo libro "Rock, Pop, Jazz e altro" Nick Hornby si domandava se fosse giusto che persone non più giovanissime scrivessero di quel che succede nel rock and roll. Domanda lecita quando si sente un disco come questo esordio degli Airbone Toxic Event, irriverente quintetto di giovani dell'area di Los Angeles che sta mettendo a ferro e fuoco la West Coast. Il loro album è uscito negli Stati Uniti nel 2008, e solo in questi mesi ha visto finalmente la luce anche in Europa (sempre che nell'era del peer to peer in rete questi discorsi possano ancora avere una reale incidenza sulla popolarità di un'artista…). Difficile in questo caso immaginare un quarantenne con la pancetta e tre figli a carico cantare a squarciagola in macchina queste brevi pop-rock-songs che parlano di sbronze, droghe e amori consumati a casa dei genitori di lei durante la loro assenza. Quadri già visti di pura disperazione adolescenziale insomma (Happiness Is Overrated - la felicità è sopravvalutata - recita il baldanzoso singolo) e quant'altro darebbe linfa vitale a qualsiasi diciassettenne dotato di due orecchie e un'anima ancora da spendere e far ardere in fretta.
Eppure questo album ha una maturità rara nascosta tra mille riff di chitarra selvaggi e la propria frenesia di vivere, una saggezza già evidente che deriva forse dalle tante disgrazie sparse nella vita del cantante Mikel Jollett. La buona apertura di Wishing Well infatti mostra già una penna matura, abile nel giocare con le parole, prima di partire in un turbinio di brani veloci (o proprio travolgenti, come Papillon), tra punk (This Is Nowhere), rock americano (Innocence) e garage-pop inglese (sentire Does This Mean You'Re Moving On? o Missy, che nel brit-pop ci casca interamente). Difficile trovargli una collocazione, potremmo azzardare per loro un posto tra i Franz Ferdinand e i Gaslight Anthem nel firmamento musicale, anche se certe aperture melodiche e sinfoniche evidenziate nella lunga Sometime Around Midnight fanno presagire anche qualcosa di più complesso in futuro rispetto a queste micidiali 3-minute songs da urlo da teenagers.
D'altronde Gasoline spiega benissimo cosa muove queste canzoni, con quel "bruciamo noi stessi fino a gridare" che definisce alla perfezione l'urgenza di strillare una rabbia e un dolore che solo gli anni verdi sanno far vivere con tale intensità. Per chi invece è uscito indenne dal grigiore dei trent'anni, il consiglio e di ascoltare questo disco senza chiedersi troppo se tutto ciò possa avere ancora un senso nella propria vita. Il vero senso è quello del rock and roll, semplicemente delle grandi palle di fuoco da far bruciare in fretta. A qualsiasi età.
(Nicola Gervasini)
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