Jeff Tweedy Together at Last [dBpm 2017] wilcoworld.net File Under: I've Got My Own Album to Do di Nicola Gervasini (18/07/2017) |
Together at Last, insieme finalmente. Sa di liberazione, se non proprio di sassolino da togliere da una scarpa, il titolo di questo album solista di Jeff Tweedy, teoricamente il suo primo se si dà credito al fatto che i Tweedy fossero un duo (con il figlio), e quindi l'album Sukierae del 2014 non fosse un progetto solista. Ma questo disco, fatto di vecchi pezzi sparsi nella carriera dei Wilco (anche se Laminated Cat viene dal side-project dei Loose Fur e Lost Love dal super-gruppo Golden Smog) risuonati solo per voce e chitarra acustica come un folker qualsiasi, lo vede riappropriarsi di qualcosa che evidentemente sente essere suo e di nessun altro. E la cosa non sorprende, perché poi in cuor nostro sappiamo che trattasi solo dell'epilogo di un processo già da tempo in atto.
Come dire che questo è già il suo terzo album solista, perché al citato Sukierae potremmo aggiungerci anche l'ultima creatura a nome Wilco (Schmilco), che aveva tutto meno l'aria di essere un disco di una band. E dire che la forza dei Wilco è sempre stata quello di unire tante personalità di rilievo (Pat Sansone, Nels Cline o John Stirratt non sono certo dei semplici session-men), ma evidentemente Jeff si deve essere stancato. Sarà che l'ultimo prodotto "democratico" (Star Wars del 2015) non aveva esaltato nessuno, tantomeno il padrone di casa, che evidentemente ha sentito il bisogno di ribadire che lui, prima di tutto, è un autore, e non solo il frontman di una band. Il senso di Together At Last è questo, e se da una parte riascoltare veri capolavori di songwriting americano come Via Chicago, Muzzle of Bees o I'm Trying to Break Your Heart non è mai tempo perso, dall'altra spiace però che nella sua foga di dover dimostrare qualcosa a tutti i costi, Jeff abbia sacrificato completamente l'aspetto produttivo dell'operazione.
In altre parole l'album gli sarà pure utile per dare il via ad una fase senile della sua carriera costruita con dischi fatti in casa pensando alle glorie passate (perché questo è il pericolo che si cela dietro una evidente fase calante di ispirazione evidenziata in questi anni dieci), ma ci consegna un prodotto fin troppo scarno, per non dire alquanto piatto. Tweedy è stato in passato capace di essere anche grande interprete, e se proprio voleva riprendersi il maltolto e riportarlo in casa, buona cosa sarebbe stata ridare a questi brani nuova veste. Invece lui li spoglia, gli gratta via la muffa del tempo (che in verità non avevano ancora fatto a tempo ad accumulare), senza accorgersi di scorticare così anche la bellezza degli arrangiamenti delle versioni originali, dimenticandosi oltretutto di ripassarli con una nuova lacca più lucida.
Non si arriva neanche quindi a chiedersi se poi l'operazione abbia senso: prima o poi il disco alla "scusate, ma ora le rifaccio come le avrei volute fare io" lo hanno fatto quasi tutti i grandi del rock, ma qui il rammarico è che Together At Last ci riporta nello stereo delle bellissime canzoni che riascoltiamo però sempre con il pensiero di "bella, ma l'originale era un'altra cosa…"
Come dire che questo è già il suo terzo album solista, perché al citato Sukierae potremmo aggiungerci anche l'ultima creatura a nome Wilco (Schmilco), che aveva tutto meno l'aria di essere un disco di una band. E dire che la forza dei Wilco è sempre stata quello di unire tante personalità di rilievo (Pat Sansone, Nels Cline o John Stirratt non sono certo dei semplici session-men), ma evidentemente Jeff si deve essere stancato. Sarà che l'ultimo prodotto "democratico" (Star Wars del 2015) non aveva esaltato nessuno, tantomeno il padrone di casa, che evidentemente ha sentito il bisogno di ribadire che lui, prima di tutto, è un autore, e non solo il frontman di una band. Il senso di Together At Last è questo, e se da una parte riascoltare veri capolavori di songwriting americano come Via Chicago, Muzzle of Bees o I'm Trying to Break Your Heart non è mai tempo perso, dall'altra spiace però che nella sua foga di dover dimostrare qualcosa a tutti i costi, Jeff abbia sacrificato completamente l'aspetto produttivo dell'operazione.
In altre parole l'album gli sarà pure utile per dare il via ad una fase senile della sua carriera costruita con dischi fatti in casa pensando alle glorie passate (perché questo è il pericolo che si cela dietro una evidente fase calante di ispirazione evidenziata in questi anni dieci), ma ci consegna un prodotto fin troppo scarno, per non dire alquanto piatto. Tweedy è stato in passato capace di essere anche grande interprete, e se proprio voleva riprendersi il maltolto e riportarlo in casa, buona cosa sarebbe stata ridare a questi brani nuova veste. Invece lui li spoglia, gli gratta via la muffa del tempo (che in verità non avevano ancora fatto a tempo ad accumulare), senza accorgersi di scorticare così anche la bellezza degli arrangiamenti delle versioni originali, dimenticandosi oltretutto di ripassarli con una nuova lacca più lucida.
Non si arriva neanche quindi a chiedersi se poi l'operazione abbia senso: prima o poi il disco alla "scusate, ma ora le rifaccio come le avrei volute fare io" lo hanno fatto quasi tutti i grandi del rock, ma qui il rammarico è che Together At Last ci riporta nello stereo delle bellissime canzoni che riascoltiamo però sempre con il pensiero di "bella, ma l'originale era un'altra cosa…"
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