mercoledì 31 agosto 2022

Father John Misty

 


Father John Misty - Chloë and the Next 20th Century

Sub pop/Bella Union 2022

 

 

Joshua Michael Tillman ha solo 40 anni, ma una lista di album, esperienze, e collaborazioni lunghissima, dagli esordi coi Saxon Shore nei primi anni 2000, ai 9 album realizzati col nome di J.Tillman dal 2001 al 2010, fino all’effimero tentativo di fare il fuoriclasse in una squadra già vincente come i Fleet Foxes (con loro realizzò solo un album nel 2011). Ma è indubbio che l’incarnazione più vincente e, a questo punto, definitiva, è quella di Father John Misty, nome nato quasi per scherzo, o anzi, come ricordava lo stesso Tillman in una intervista, proprio perché il suo vero nome era ormai associato ad un indie-folk triste e depressivo e dal vivo i suoi giochi di parole scherzosi o le sue velleità di leggerezza non venivano mai presi sul serio quanto i suoi lamenti. Trasformazione “gioiosa” quindi, quasi alla David Johansen/Buster Poindexter potremmo azzardare, che lo ha portato anche ad avere un certo successo, tanto da poter vantare anche collaborazioni nell’alto-mainstream con Beyoncè e Lady Gaga oggi. La sua musica è certamente cambiata, e anche questo Chloë and the Next 20th Century si fa subito notare per il divertito gioco dei rimandi ad altri artisti storici, con forse molto meno Elton John del solito, e molto più Harry Nilsson nelle orchestrazioni kitsch (ma anche nel falsetto in vibrato che definisce Kiss Me I Loved You) che lo caratterizzano quasi in ogni brano. Un gioco che pare piacere parecchio a lui e al suo fido co-produttore Jonathan Wilson, vero maestro di passatismo già anche nelle sue opere personali, e che qui forse raggiunge l’apoteosi con una produzione altisonante con quartetto d’archi (i Nona Quartet), una ampia sezione fiati, e con salti temporali stilistici che lo portano da Nat King Cole (Funny Girl) a Randy Newman (Everything But Her Love) passando per Lee Hazlewood (Only Fool), Burt Bucharach (Olvidado Otro Momento) a George Gershwin (Chloe). Parrebbe dunque un mero esercizio di stile che gli ha preso la mano, ma Tillman esiste ancora come autore, e qui sta il valore aggiunto, perché la magniloquenza degli arrangiamenti finisce solo ad essere un contenitore più accattivante per una serie di testi dove il vecchio J.Tillman riaffiora con le sue verbose elucubrazioni, le sue ansie rigettate sul pubblico e la sua visione feroce della realtà. L’apoteosi in questo senso è il finale di The Next 20th Century, quasi una Murder Most Foul di Bob Dylan capovolta, con uno sguardo sul futuro alquanto negativo, con pochi padroni che rubano tutto nell’ombra a tanti schiavi distratti da altro (“The Boss Wants to be Anonymous,The Talent Wants to be Seen”). Pezzo straordinario anche nell’interpretazione, e punto di arrivo di un percorso artistico che si prende in prestito forse anche troppo da altri (Goodbye Mr. Blue sta tra una cover di Everybody’s Talkin e una parodia un qualsiasi cantautore della West Coast anni 70), ma rimacina il tutto in una visione personale che rende l’epopea di Father John Misty sicuramente una delle più valide dell’ultimo decennio.

VOTO 7,5

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