Jake
Winstrom
RAZZMATAZZ!
(2025, Jake
Winstrom)
File Under:
Canceling the noise
Jake Winstrom viene dal Tennessee,
e, nonostante l’aria da eterno ragazzino, è già giunto al terzo album, ma Il
suo nome era già circolato nel lontano 2008, quando a capo della band dei
Tenderhooks, fece una gran bella impressione al Bonnaroo Festival, anche se il
loro unico album Vidalia non fu granché segnalato e l’esperienza finì presto.
Rimessosi “on the road” nel 2018 con l’esordio Scared Away The Song e il
seguito del 2020 intitolato Circles, l’artista si è preso una nuova lunga
pausa prima di pubblicare questo RAZZMATAZZ!, e l’impressione è che
forse potrebbe essere la volta buona di farsi notare. Proposta non facile la
sua, perché se da una parte predilige cimentarsi in bani di soffice chamber-pop
acustico che guardano a Paul Simon come schema classico, passando però
attraverso un piglio più “indie” alla Elilott Smith (in Can I Get A Ride,
ma anche nell’apertura di Exhausted, lo ricorda molto), dall’altra la
sua formazione di rockettaro affiora ogni tanto quando chiama a raccolta il batterista
Matt Honkonen a dare vigore alle sue canzoni (sentite ad esempio la ruvida e
quasi “blue-collar” One More For The Moon).
Di certo è la sua voce molto particolare,
pulita e melodica, sospesa tra la teatralità di un Rufus Wainwright e una
tonalità che mi ricorda, per chi se li rammenta, cantautori come Pierce Pettis
o Tom McRae, o volendo andare ancora più indietro, citerei anche Marshall
Crenshaw. D’altronde nella foto promozionale allegata al comunicato stampa lo
vediamo in un negozio di dischi con il cd di Grace di Jeff Buckley sullo sfondo
a fare da santino, ma volendo potremmo ritenere tali anche i visibili bestsellers
dei Fleetwood Mac e dei Supertramp, visto che la vena melodica di certo non gli
manca.
Il disco è scritto e prodotto con
il collaboratore Jason Binnick, multistrumentista di solito attivo nel
mondo delle colone sonore cinematografiche, e con lui Winstrom ha saputo
maneggiare i ferri del mestiere sia quando si getta nell’indie-folk intimista di
This Blue Note, sia quando fa sfogare la sua Rickenbacker nel Jingle-Jangle
rock di Don’t Make the Rules, o quando prova a riempire gli spazi con le
tante chitarre elettriche di Jaws Of Life. In Freelancing on a
Pheromone richiama quasi il cantautorato rock di Pete Droge degli anni 90,
ma in ogni caso è nelle ballate acustiche come Molotov o Canceling
The Noise che pare dare il meglio, ed è così che infatti la dolce Lucys
Luck chiude un album molto piacevole che aggiunge un nuovo nome da
ricordare alla folta (ma sempre apprezzata nei nostri lidi) schiera di
cantautori americani.
Nicola Gervasini
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