martedì 19 luglio 2011

CASS McCOMBS - Wit's End

inserito 18/06/2011

Cass McCombs
Wit's End
[
Domino Recording 2011
]



Se vi andate a cercare nel nostro archivio la recensione al cd Dropping The Writ diCass McCombs troverete la storia fatta di tante idee ma ben confuse di questo strambo folk singer, uno che alla voce "curiosità" vanta il fatto di aver già fatto disporre che sulla sua tomba venga messa la scritta "finalmente a casa", giusto per inquadrarvi il personaggio. Distratti da altro non abbiamo avuto il tempo di segnalare come il nostro abbia cominciato a mettere nell'ordine giusto i neuroni della sua creatività con il più mirato Catacombs del 2009, ove il nostro spogliava le canzoni dei tanti inutili orpelli del suo predecessore e raggiungeva un livello già ragguardevole. La strada gli deve essere parsa davvero quella giusta, se è vero che Wit's End si presenta subito come uno di quei dischi estremi che dovete decidere solo se amare o odiare con forza. 47 minuti soffocanti, solo 8 brani genericamente lunghi e trascinati, il nuovo Cass McCombs potrebbe riaprire le stesse diatribe vissute anche sulle nostre pagine a proposito del recente disco di Josh T Pearson. Ma laddove nel caso di Pearson lamentavamo un flusso di emozioni forti che si dimenticava totalmente della forma, in questo caso al massimo potremmo lamentarci di qualche autoindulgente estetismo di troppo.

Wit's End è infatti un disco fintamente essenziale, falsamente scarno, che nasconde dietro una patina di compiacente malinconia e mestizia un artista che comincia davvero a saper fare cose serie con gli arrangiamenti e abile nella costruzione delle canzoni. Prendete Saturday Song, probabilmente quello che avrebbe potuto partorire un Syd Barrett (le voci sono davvero simili) con alle spalle un produttore in grado di inquadrarlo quel minimo che basta, o prendete il pop lumacoso dello splendido singolo County Line o anche il bel valzer dark diThe Lonely Doll. Sono tutti brani soffusi e annoiati, che però celano una strumentazione varia, fatta di archi, tastiere, xilofoni e tanto altro, che dimostrano che McCombs non si è accontento di ostentare il suo personaggio di bohemien dal cuore rotto e solitario, ma ha pensato a creare musica anche al di là del proprio atteggiarsi da artista.

Non tutti avranno la pazienza e la necessità di passare attraverso i 7 minuti e oltre di Memory's Stain (sembra un brano solo piano e voce, ma gli strumenti in gioco sono molti di più), o trovare entusiasmante il folk zoppicante di Hermit's Cave, ma certamente potrete apprezzare subito un numero "alla Tom Waits" come A Knock Upon The Door, che sembra una outtake di Frank's Wild Years cantata da un pop-singer inglese. Inevitabilmente l'insieme appare comunque esageratamente lento e oscuro, quasi che il fatto di ideare un concept dedicato alla solitudine lo abbia fatto sentire in obbligo di usare solo tinte abuliche e scoraggiate. Ma questa volta la sostanza c'è, se solo avete la pazienza di trovarla.
(Nicola Gervasini)

www.cassmccombs.com



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