POLLY
SCATTERGOOD
ARROWS
(Mute)
***
L’Inghilterra negli ultimi anni pullula di
personaggi come Polly Scattergood:
ragazze nate con il santino di Bjork sul comodino e una lunga serie di muse
rock e pop (da Debbie Harry a PJ Harvey) da cui attingere a seconda
dell’ispirazione. Ventiseienne dell’Essex, Polly Scattergood ha esordito nel
2009 con il disco omonimo che aveva riscosso qualche buona critica (ma non l’unanimità
che spesso ricevono gli esordi inglesi) e l’attenzione verso un personaggio
eccentrico e sicuramente talentuoso. Arrows potrebbe essere il disco della consacrazione
nel mondo indie, e ha un alto potenziale commerciale, che, per quanto conti
ancora qualcosa nel nuovo mercato discografico, potrebbe anche portarle qualche
vendita interessante. Il sound è sempre un mix di elettronica con occhio
puntato sia sulla new wave anni ottanta che sugli ambienti dance del Manchester
Sound. L’inizio fa ben sperare se siete comunque disposti a entrare in un mondo
fatto al 90% di tastiere e suoni campionati: Cocoon apre le danze con lo spirito di Tori Amos nel motore, la
danzereccia Falling riesce in un
colpo solo ad unire il techno-pop dei primi anni ottanta e i Cure, Machines cala il ritmo e pensa agli
esperimenti elettronici di Kate Bush, Disco
Damnaged Kid promette un ballo che non c’è con buon mestiere. Il disco, dopo
una partenza briosa e intelligente, si adagia poi un po’ troppo nella
riproposizione degli schemi appena elencati, finendo ad affogare in un mare di
tastiere anche quando il brano potrebbe sembrare più che stimolante (Colours Colliding). I momenti di valore
ci sono comunque, il singolo Wonderlust (di
cui gira già da tempo un bizzarro video) ha la forza del tormentone
radiofonico, la piano song Miss You è
dotata di una giusta dose di teatralità brechtiana, ma altrove l’album stenta
un po’ a trovare il colpo del KO. Non è comunque escluso che la sua uscita
possa essere salutata da trombe e fanfare dalla stampa musicale inglese, visto
come riescono spesso ad esaltare fenomeni che poi scompaiono nel giro di due anni,
figuriamoci in questo caso dove comunque c’è della discreta carne al fuoco.
L’attendiamo magari sul palco in Italia per verificarne la tenuta anche dal
vivo.
Nicola Gervasini
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