mercoledì 10 giugno 2015

SONNY AND THE SUNSETS

SONNY AND THE SUNSETS
TALENT NIGHT AT THE ASHRAM
Polyvinl Record
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Sonny Smith è un personaggio davvero particolare, uno storyteller di penna e pentagramma che viene da San Francisco. Ha già all’attivo parecchie pubblicazioni discografiche (ma anche alcuni libri di storie), molte su commissione (incideva canzoni per una rivista letteraria che era solita allegare cd con canzoni ispirate dai racconti pubblicati nel mese), più svariati progetti trasversali e meta-artistici. Il più importante lo ha visto nel 2010 invitare 100 pittori a disegnare le copertine di 100 dischi immaginari, ementre lui si prodigava nel comporre i brani per questi dischi sulla base dell’immagine di copertina (compose in totale 200 canzoni). Curiosità a parte, Talent Night At The Ashram, sebbene sia un home-record autoprodotto, è il tentativo di dare corpo organico alla sua vasta produzione. Lo accompagnano nell’impresa i Sunsets, band della West Coast nata a pane e Beach Boys, benedice con un intervento ai cori il cantautore (e leader degli Honeycut) Bart Davenport. Fin dall’apertura di The Application, tra organetti e cori alla Fleet Foxes, si respira una leggiadra aria indie, incalzata dalla voce del padrone di casa che ricorda, a seconda di casi, quella di M Ward o di Bon Iver. Album musicalmente vario, ma che bene o male richiama gli eroi dell’indie-rock anni 2000: Cheap Extensions sembra un brano uscito dall’ultimo album dei War On Drugs,  con i suoi toni decisamente new wave, oppure la brillante Alice Leaves For The Mountains, puro pop per giornata di surf. L’album è breve e non annoia, anche se il tono ironico e scanzonato di testi e interpretazione (la lunga Happy Carrot Health Food Store sembra una lunga parodia di un brano degli Eels) lascia tutto nella dimensione del divertissement. Per certi versi brani come Blot Out Of The Sun con il suo piano pulsante ricorda le pop-song stralunate di Ben Folds, mentre Icelene’s Loss è un palese omaggio al sound del flower power anni sessanta (siamo in zona Spirit). Pop songs leggere e intelligenti, con forse troppi elementi ed ispirazioni diverse buttate a casaccio in un patchwork di indie moderno…un disco specchio dei tempi che vale la pena ascoltare, anche se non lascerà un gran segno.

Nicola Gervasini

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