giovedì 16 marzo 2017

TIFT MERRITT

Tift Merritt 
Stitch of the World
[Yep Roc/ Audioglobe 
2017]
www.tiftmerritt.com
File Under: Blondes have (no) more fun
di Nicola Gervasini (06/02/2017)
Recensendo Stitch Of The World, sesto album della texana Tift Merritt, il critico Mark Deming si è chiesto "ma come fa a non essere una star una come lei?". Effettivamente la sua notorietà e le sue vendite nel mondo della country-music americana (dove ancora esiste un mercato ricco e album definibili come bestseller) sono state da sempre alquanto inferiori al suo potenziale. Aveva la voce, le canzoni anche radio-friendly, un viso alquanto fotogenico, eppure qualcosa è andato storto fin da subito. La Lost Highway che la scoprì ne intuì il potenziale fin dall'esordio di Bramble Rose del 2002, ma decise che i riscontri commerciali del successivo Tambourine (una grande produzione, e ancora oggi un grande disco) non erano in linea con le aspettative, e così la scaricò brutalmente. Dal 2008 Tift ci ha riprovato prima con una accoppiata di dischi alquanto melodici per la Fantasy (Another Country e See You On The Moon), poi , sconfitta, si è accasata alla Yep a coltivare il suo pubblico di nicchia.

Stitch of The World continua quindi il percorso da country d'autore iniziato con il più che buono Travelling Alone nel 2012, sempre più rivolto alla lezione di Lucinda Williams, e sempre meno votato al voler diventare la Linda Ronstadt degli anni 2000. La produzione è messa nelle mani di Sam Beam (alias Iron&Wine), e in studio girano nomi come Marc Ribot, Eric Heywood e il batterista Jay Bellerose, band di gran livello e produzione che, contrariamente a quanto possiate pensare, la butta sul rigorosamente classico ed evita qualsivoglia stramberia da indie-folk anni zero. Tift ci mette un pugno di canzoni molto personali, scritte nel corso di anni travagliati (ha avuto una figlia a inizio 2016, ma il matrimonio è naufragato pochi mesi dopo), dove resta una vena melodica gentile e mai avventurosa, con melodie che cullano l'ascoltatore come Icarus o My Boat e country-ballad di fine fattura (la title-track o Hearthache Is An Uphill Climb).

Quello che però pare evidente è che stavolta manca qualcosa, forse il brano killer, forse quello che è rimasto nascosto sotto una patina di eccessivo formalismo e professionalità da parte della Merritt, ma anche della band, che sembra eseguire con grande precisione ma poco coraggio un compito più che risaputo. Il risultato è un disco che piace, ma non sfonda le porte dell'anima come seppe fare il suo predecessore, sia quando Tift prova a dare un po' di pepe al sound come in Proclamation Bones, sia quando duetta con Sam Beam in ballatone come Something Came Over Me, niente che Emmylou Harris non abbia già insegnato a fare più di trent'anni fa. Non bocciamo di certo Stitch Of The World, ha i suoi momenti notevoli (Wait For Me ad esempio), ma conferma i limiti di un'autrice che non è riuscita ad essere al 100% né una country-star, né un'autrice guida per le nuove generazioni.

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