sabato 10 giugno 2017

BUTTERTONES


The Buttertones
Gravedigging
[
Innovative Leisure/ Goodfellas 
2017]
buttertones.bandcamp.com
 File Under: surf punk

di Nicola Gervasini (20/05/2017)
Eppure succede ancora che laggiù, nella "Sunny California" che Terry Allen avrebbe voluto mettere fuorilegge di default, nascano ancora band come i Buttertones, nome che evoca altri tempi, altro rock, altre necessità di salire su un palco e sputare rabbia e energia. Richard Araiza, Modesto Cobian, Sean Redman, Dakota Boettcher e il funambolico sassofonista London Guzmån sono i nomi di un combo nato in una camera da letto nel 2011, e già titolari di un autoprodotto esordio del 2015 (American Brunch) e del nuovo Gravedigging, primo album ad avere anche una distribuzione europea. Due chitarre, sezione ritmica martellante, e soprattutto un sax fisso in formazione: si pensa subito agli Stooges di Funhouse, quando invece l'attacco di Pistol Whip rimanda semmai ai Clash di London Calling, o al massimo all'Iggy Pop di Lust for Life.

Ma già con Sadie's a Sadist si passa subito in ambito Cramps, sia per il tema da amanti del sesso estremo, che per la veemenza sospesa tra pop, punk e semplice presa in giro. Ma l'ABC della band da garage della West Coast non finisce qui: Neon Cowboy mischia arie morriconiane da film western con lo spirito dei Social Distortion, in Two-Headed Shark sembra invece di risentire i Jon Spencer Blues Explosion al loro meglio, mentre Matador è una sorta di numero di cabaret con tanto di voci recitate. Ci pensa I Ran Away a rompere il ritmo, una lenta mattonella con tanto di sax da scena romantica che ricorda molto certi momenti tra il serio e il faceto di Jonathan Richman con i suoi Modern Lovers.

E si cambia ancora registro con Moroccan Moonson, strumentale tutto Surf&Sax da prendersi in considerazione se mai un giorno Quentin Tarantino deciderà di girare un secondo capitolo di Pulp Fiction. Geisha's Gaze invece resuscita già usati giri arabeggianti per una sorta di danza del ventre in salsa punk, e solo con Ghost Safari A Tear For The Rosie si comincia a rimestare stili già perlustrati, fino al finale della title-track, che unisce un giro sax alla Madness con una chitarra in puro stile Dick Dale, prima di rallentare in una suadente danza che da sola racchiude tutto il mix di sesso, ironia e energia della loro musica.

Avrete capito che qui dentro non esiste una sola nota che non sia già stata scritta nella storia del rock, e non è facile trovare caratteri distintivi nel loro modo di suonare e cantare, ma se è vero che la California pare non essere affatto mutata nella sua immagine di terra dello sballo e della libertà, immagino che nei suoi bassifondi una band come i Buttertones continui ad essere necessaria.

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