lunedì 30 ottobre 2017

NICOLE ATKINS

Nicole Atkins
Goodnight Rhonda Lee


[Single Lock/ Goodfellas 2017]
nicoleatkins.com
 File Under: Vintage lovers

di Nicola Gervasini (12/09/2017)
Esperimento: prendete dieci persone appassionate di musica rock, chiudetele in una stanza con i dischi di Nicole Atkins, e chiedete loro, alla fine di un attento ascolto di tutta la discografia, a quale genere si può far appartenere l'arte della ragazza. Non ne usciranno mai con un termine unico, ve lo anticipo subito, perché la Atkins fa parte di una schiera di cantautrici (il termine vale ancora poi?) di ultima generazione (come anche Wallis Bird o Anna Calvi, giusto per sparare le prime due che mi vengono in mente), che fanno della varietà una virtù. Il percorso della Atkins era già interessante grazie ad album ancora consigliati come Mondo Amore(2011) e il frizzante Slow Phaser del 2014, ma ora con Goodnight Rhonda Lee sembra che questa Jersey Girl voglia dimostrare maturità e piena padronanza di non una, ma tante materie.

Troppe forse dirà qualche detrattore, e soprattutto nessuna veramente originale, ma in pieno 2017, nell'era del post-rock o pre-ancora-non-si-sa-bene-cosa, questo aspetto ha ormai perso da tempo la propria forza di deterrente. La Atkins è una brava artigiana della canzone, le sa scrivere, cantare, arrangiare e suonare, e questo già non è poco. Poi decidete voi quale sia la Atkins che preferite, se quella che gioca a fare la female-crooner di A Little Crazy o la novella Dusty Springfield (o ennesima Joss Stone) del soul di Listen Up, se quella che si ricorda delle sue radici americane nel heartland-rock di Darkness Falls So Quiet o quella tutta gonne svolazzanti anni 50 della title-track, brano che farà invidia ai Mavericks odierni probabilmente. L'andazzo l'avrete capito, si cita parecchio, si rubacchia dal passato, e ci si traveste nel presente da Nancy Sinatra (If I Could sembra uscita dalla penna di Lee Hazlewood), Laura Nyro (Colors) Bonnie Raitt (Brokedown Luck) e così via, dimostrando sempre stile negli arrangiamenti dei fiati (SleepwalkingI Love Living Here), e ottime doti da interprete (A Night Of Serious Drinking).

Finale con una Dream Without Pain che pare un incontro tra la PJ Harvey innamorata di Nick Cave e i Mazzy Star che furono. Peccato che, per quanto lei si impegni, ovviamente non si vola ancora a certe altezze raggiunte da tutte le artiste citate, e qui sta il limite di un album accattivante, che di fatto sta piacendo un po' a tutti, ma che non so quanto reggerà al giudizio del tempo. Lei di suo ci mette dei testi che a dir la verità stridono alquanto col tema leggero e spensierato della musica, e qui forse sta il suo tocco autoriale più apprezzabile, perché se forse Slow Phaser era stato un viaggio decisamente più originale e, non dico proiettato nel futuro, ma perlomeno vagante nell'attuale, Goodnight Rhonda Lee fa parte di quei dischi che, riproducendo il passato, ammettono gioiosamente la sconfitta del presente.

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