Nona Hendryx & Gary Lucas The World of Captain Beefheart [Knitting Factory 2017] garylucas.com File Under: The Perfect Replica di Nicola Gervasini (04/01/2017) |
Se di Captain Beefheart ricordiamo la sregolatezza stilistica molto più che le sue doti di autore, la colpa è anche un po' dei tanti critici che lo hanno osannato nel tempo. Per decenni il suo nome è stato quasi esclusivamente legato al disco "Trout Mask Replica" del 1969, simbolo della lotta al mainstream e alle convezioni sonore, quando invece la sua discografia offre anche altro. Oltretutto la sua "riscoperta" è stata spesso legata alla spasmodica ricerca di precedenti nello stile assunto da Tom Waits da Swordfishtrombones in poi, e non da una effettiva attenta rilettura della sua opera. Ma il revisionismo storico che ha coinvolto da tempo tutto il Classic Rock non poteva non arrivare prima o poi anche a lui, e così proprio mentre in Italia la casa editrice Arcana pubblica coraggiosamente uno dei primi libri dedicati interamente a lui (Captain Mask Replica di Francesco Nunziata), senza troppi clamori esce questo disco tributo voluto dal suo storico chitarrista Gary Lucas e affidato alla voce di Nona Hendryx.
Clamori che invece The World of Captain Beefheart meriterebbe, non fosse altro perché Don Van Vliet (questo era il suo vero nome) ne ha avuti pochi fino ad oggi (nel 1988 la Imaginary Records ne pubblicò uno molto interessante intitolato Fast 'n' Bulbous, affidando i pezzi a mostri dell'alternative del tempo come Sonic Youth, XTC o That Petrol Emotion), o se paragonato alla media dei tribute-records degli ultimi decenni. La Hendryx è stata una eroina degli anni ottanta, sia come corista preferita dai Talking Heads, sia con una serie di dischi di frizzante pop-soul dell'epoca. Che fosse ancora in forma lo aveva già dimostrato con il comeback-record Mutatis Mutandis del 2012, ma qui, grazie alle canzoni del Capitano e ad un Lucas in grande spolvero (e che forse andrebbe citato più spesso quando si parla di chitarristi innovativi), il risultato è sorprendente. E fa piacere poter riscoprire brani dall'ottimo album Clear Spot del 1973 come Sun Zoom Spark, con la sua slide-guitar martellante, una Too Much Time trasformata in ballata soul, il quasi-gospel di Her Eyes are a Blue Million Miles (dove Lucas dimostra di saperci fare anche con sonorità più pulite), e soprattutto la splendida My Head Is My Only House Unless It Rains, quasi una ballata alla Carole King in questa versione.
E che dire di I'm Glad, soul-pop alla Dusty Springfield uscita da quel calderone di grandi canzoni che era Safe As Milk del 1969, da cui si riprende anche l'immortale Sure 'Nuff 'n Yes I Do. Impressionano il blues di When It Blows Its Stacks (da The Spotlight Kid del 1972), una The Smithsonian Institute Blues (era su Lick My Decals Off, Baby del 1970) che fa capire molto della musica di gente come Jon Spencer, e l'acido strumentale Suction Prints ripresa da uno dei suoi ultimi dischi, Shiny Beast (Bat Chain Puller) del 1978, da cui proviene anche la finale Tropical Hot Dog Night. Da Trout Mask Replica arrivano invece When Big Joan Sets Up (guarda caso l'episodio più sregolato e sperimentale) e una più convenzionalmente blues Sugar 'n Spikes.
Disco che consiglio anche se non conoscete bene l'opera di Captain Beefheart, o soprattutto se, come molti, vi siete fermati un po' intimoriti a Trout Mask Replica pensando potesse essere tutto lì il suo genio. C'è altro, ve lo assicuro, e magari partire da questo disco potrebbe essere il modo giusto per convincersene.
Clamori che invece The World of Captain Beefheart meriterebbe, non fosse altro perché Don Van Vliet (questo era il suo vero nome) ne ha avuti pochi fino ad oggi (nel 1988 la Imaginary Records ne pubblicò uno molto interessante intitolato Fast 'n' Bulbous, affidando i pezzi a mostri dell'alternative del tempo come Sonic Youth, XTC o That Petrol Emotion), o se paragonato alla media dei tribute-records degli ultimi decenni. La Hendryx è stata una eroina degli anni ottanta, sia come corista preferita dai Talking Heads, sia con una serie di dischi di frizzante pop-soul dell'epoca. Che fosse ancora in forma lo aveva già dimostrato con il comeback-record Mutatis Mutandis del 2012, ma qui, grazie alle canzoni del Capitano e ad un Lucas in grande spolvero (e che forse andrebbe citato più spesso quando si parla di chitarristi innovativi), il risultato è sorprendente. E fa piacere poter riscoprire brani dall'ottimo album Clear Spot del 1973 come Sun Zoom Spark, con la sua slide-guitar martellante, una Too Much Time trasformata in ballata soul, il quasi-gospel di Her Eyes are a Blue Million Miles (dove Lucas dimostra di saperci fare anche con sonorità più pulite), e soprattutto la splendida My Head Is My Only House Unless It Rains, quasi una ballata alla Carole King in questa versione.
E che dire di I'm Glad, soul-pop alla Dusty Springfield uscita da quel calderone di grandi canzoni che era Safe As Milk del 1969, da cui si riprende anche l'immortale Sure 'Nuff 'n Yes I Do. Impressionano il blues di When It Blows Its Stacks (da The Spotlight Kid del 1972), una The Smithsonian Institute Blues (era su Lick My Decals Off, Baby del 1970) che fa capire molto della musica di gente come Jon Spencer, e l'acido strumentale Suction Prints ripresa da uno dei suoi ultimi dischi, Shiny Beast (Bat Chain Puller) del 1978, da cui proviene anche la finale Tropical Hot Dog Night. Da Trout Mask Replica arrivano invece When Big Joan Sets Up (guarda caso l'episodio più sregolato e sperimentale) e una più convenzionalmente blues Sugar 'n Spikes.
Disco che consiglio anche se non conoscete bene l'opera di Captain Beefheart, o soprattutto se, come molti, vi siete fermati un po' intimoriti a Trout Mask Replica pensando potesse essere tutto lì il suo genio. C'è altro, ve lo assicuro, e magari partire da questo disco potrebbe essere il modo giusto per convincersene.
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