John Oates & The Good Road Band Arkansas [Ps Records/Thirty Tigers 2018] johnoates.com File Under: Going back to my roots di Nicola Gervasini (05/03/2018) |
New York, 1981: uffici della RCA Records. John Oates incontra Bob Buziak, presidente della RCA Records. Il gran capo trova il tempo per fermarsi a fare i complimenti ad uno degli artisti più di successo della sua scuderia con il duo Hall & Oates. "Salve John, complimenti per le vendite del vostro Private Eyes! Mi aspetto grandi cose dal vostro nuovo album, avete già qualche progetto?". "Certo Boss, pensavo di fare un disco solista senza Daryl, dedicato alla musica di Mississippi John Hurt". "Ah ma splendido! Chiamo subito Joe Galante, patron della RCA di Nashville, e ti metto a disposizione i migliori musicisti della città! Sarà un successo!". "Grazie Boss!". Ok, sto sognando ovviamente. Le cose, come sapete, non sono certo andate così.
Il duo Hall & Oates negli anni Ottanta continuò a produrre con successo dischi di sopraffino soul-pop per i quali ancora li ringraziamo, ma per sapere dei sogni di ritorno alle radici di John abbiamo dovuto aspettare gli anni della fine delle luci della ribalta e della dorata pensione di due musicisti con più nulla da dimostrare. E se Daryl Hall, vera prima voce del duo, ha continuato anche da solista a battere strade sporcate di soul bianco, John Oates, chitarrista e mente musicale, ha preferito dedicarsi alle passioni che hanno segnato la sua preparazione artistica. Arkansas è il suo quinto album solista dal 2002 ad oggi, ed è nato veramente come idea di un concept su Mississippi John Hurt, ma si è via via trasformato in un viaggio nella tradizione più a largo raggio. Niente che non sia già stato rivisitato ormai dopo anni di dischi-recupero, ma questi brani, registrati con l'ausilio di una band battezzata senza rischio di confusione sulle fonti di ispirazione The Good Road Band (Sam Bush al mandolino, Russ Pahl alla pedal steel, Guthrie Trapp alla chitarra, Steve Mackey al basso, Nathaniel Smith al violoncello, e Josh Day alla batteria), seguono un percorso che lo stesso Oates descrive come "Dixieland, immerso nel bluegrass, e condito con Delta Blues".
Si parte in un tripudio di acustiche e mandolini con Anytime, un successo del 1924 di Emmett Miller (ma fu scritta nel 1921 da Herbert "Happy" Lawson), per passare alla bella aria da West Coast anni 70 della title-track, che con il blues elettrico di Dig Back Deep, rappresenta l'unico brano autografo della raccolta. Dal progetto su Hurt arrivano My Creole Belle e Spike Driver Blues, mentre il corpo del disco è rappresentato dal lungo traditional virato a spiritual da campi di cotone Pallet Soft and Low, brano che lo stesso Mississippi John Hurt fece suo con il titolo di Make Me a Pallet On the Floor. Di dominio comune sono anche il classico Stack O Lee (antenata della ben più nota Stagger lee), Lord Send Me e That'll Never Happen No More, mentre Miss the Mississippi and You è attribuita al compositore William Heagney.
Vocalmente Oates non ha grandi doti, ma la voce resa roca dall'età lo aiuta molto a calarsi nello spirito di questi brani, mentre che fosse chitarrista intelligente e di gusto non è una sorpresa. In definitiva 33 minuti sentiti e ben suonati di musica classica.
Il duo Hall & Oates negli anni Ottanta continuò a produrre con successo dischi di sopraffino soul-pop per i quali ancora li ringraziamo, ma per sapere dei sogni di ritorno alle radici di John abbiamo dovuto aspettare gli anni della fine delle luci della ribalta e della dorata pensione di due musicisti con più nulla da dimostrare. E se Daryl Hall, vera prima voce del duo, ha continuato anche da solista a battere strade sporcate di soul bianco, John Oates, chitarrista e mente musicale, ha preferito dedicarsi alle passioni che hanno segnato la sua preparazione artistica. Arkansas è il suo quinto album solista dal 2002 ad oggi, ed è nato veramente come idea di un concept su Mississippi John Hurt, ma si è via via trasformato in un viaggio nella tradizione più a largo raggio. Niente che non sia già stato rivisitato ormai dopo anni di dischi-recupero, ma questi brani, registrati con l'ausilio di una band battezzata senza rischio di confusione sulle fonti di ispirazione The Good Road Band (Sam Bush al mandolino, Russ Pahl alla pedal steel, Guthrie Trapp alla chitarra, Steve Mackey al basso, Nathaniel Smith al violoncello, e Josh Day alla batteria), seguono un percorso che lo stesso Oates descrive come "Dixieland, immerso nel bluegrass, e condito con Delta Blues".
Si parte in un tripudio di acustiche e mandolini con Anytime, un successo del 1924 di Emmett Miller (ma fu scritta nel 1921 da Herbert "Happy" Lawson), per passare alla bella aria da West Coast anni 70 della title-track, che con il blues elettrico di Dig Back Deep, rappresenta l'unico brano autografo della raccolta. Dal progetto su Hurt arrivano My Creole Belle e Spike Driver Blues, mentre il corpo del disco è rappresentato dal lungo traditional virato a spiritual da campi di cotone Pallet Soft and Low, brano che lo stesso Mississippi John Hurt fece suo con il titolo di Make Me a Pallet On the Floor. Di dominio comune sono anche il classico Stack O Lee (antenata della ben più nota Stagger lee), Lord Send Me e That'll Never Happen No More, mentre Miss the Mississippi and You è attribuita al compositore William Heagney.
Vocalmente Oates non ha grandi doti, ma la voce resa roca dall'età lo aiuta molto a calarsi nello spirito di questi brani, mentre che fosse chitarrista intelligente e di gusto non è una sorpresa. In definitiva 33 minuti sentiti e ben suonati di musica classica.
Nessun commento:
Posta un commento