lunedì 12 marzo 2018

GUY LITTELL


Guy Littell 
One of Those Fine Days
[AR Recordings 2017]

guylittell.wordpress.com

 File Under: Neil Young si è fermato ad Eboli

di Nicola Gervasini (24/01/2018)


Il cognome deriva da uno dei personaggi di American Tabloid di James Ellroy (Ward Littell), ma il nome di battesimo rende il tutto ancora più simile ad un protagonista della scena di Austin. Guy Littell però è italianissimo, viene da Torre del Greco e all'anagrafe fa Gaetano Di Sarno. Attivo da ormai quasi dieci anni nel mondo del folk nostrano, Littell ha alle spalle una discografia composta da un Ep di esordio (The Low Light & The Kitchen, 2009) e due album (Later del 2011 e Whipping the Devil Back del 2014, in cui compariva anche Steve Wynn all'armonica), in cui già traspariva la sua cultura fatta di musica americana, ma anche un grande amore per i suoi protagonisti più stralunati e sofferti come Sparklehorse o Elliott Smith.

E da qui parte anche il nuovo disco One Of Those Fine Days, da una So Special che sfrutta al meglio una vocalità per nulla impostata e portata ad evidenziare i toni striduli, ma con un arrangiamento decisamente da rock cantautoriale della scena post-grunge degli anni 90. Cheatin Morning, con il suo giro alla Byrds, riporta però già il tutto alla tradizione e a quella evidente influenza di Neil Young che caratterizza, a volte un po' al limite della piena riverenza, tutto l'album. E non è finito qui il giro dei rimandi, con Better For Me e New Records And Clothes che guardano a Ryan Adams (anzi, la seconda, con il suo piglio da rock stradaiolo, direi quasi più a Jesse Malin). Love It è più da cantautore classico mentre Song From A Dream viaggia su coordinate springsteeniane. Molto interessante Don't Hide, ballata con sempre Neil Young nel motore, ma con un sound e una struttura che ricorda un po' certi dischi anni 90 di band come gli Slobberbone, mentre No More Nights meritava forse qualche rifinitura in più nella parte vocale, che cerca volutamente i Dinosaur Jr. dell'era Where You Been.

Ma qui sta il pregio e il limite del disco, che cerca anche in studio l'immediatezza live di un suono che fa del suo essere grezzo un vanto, come ha da tempo insegnato il maestro Neil, il tutto però un poco a discapito dei particolari o, come proprio nel caso di No More Nights, di una melodia che potrebbe anche essere più enfatizzata o valorizzata. Il finale Old Soul è solo per acustica e voce e conferma Littell artista capace di essere personale nella scrittura, pur utilizzando uno stile con un chiaro riferimento artistico.

Il disco è registrato ad Eboli e prodotto dallo stesso Littell con particolare enfasi sul lavoro alla chitarra elettrica di Luigi Sabino, con un risultato che conferma come ormai ovunque in Italia, anche al sud, siamo capaci di produrre quel genuino american-sound che inspiegabilmente però mai abbiamo sentito arrivare nelle radio nostrane, in tutti questi anni di piena crescita dei nostri artisti.

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