domenica 28 ottobre 2018

SARAH McQUAID

Sarah McQuaid
If We Dig Any Deeper It Could Get Dangerous
[
Shovel & Spade records 
2018]
sarahmcquaid.com
 File Under: diggin in tradition

di Nicola Gervasini (07/02/2017)
Solo un anno fa festeggiavamo i cinquanta anni di carriera di Michael Chapman godendo del suo album 50, finito con merito anche nei dischi da ricordare nel nostro special annuale, ma il vecchio chitarrista inglese sembra aver trovato nuove energie, tanto da rigenerarsi anche in veste di produttore. C'è lui dietro la costruzione di questo If We Dig Any Deeper It Could Get Dangerous di Sarah McQuaid, nuova stella del firmamento brit-folk. Figlia di due artisti e parente anche del nobel per la pace Jane Addams, la McQuaid (il cui vero cognome è Jardiel grazie al padre spagnolo, ma visto il genere trattato ha optato per un nome d'arte più in linea con le tradizioni britanniche) si è fatta notare negli ultimi anni grazie a due album come The Plum Tree And The Rose (2012) e Walking Into White (2015) editi per la Waterbug Records, etichetta specializzata in folk music.

Il nuovo album potrebbe essere invece la buona occasione per uscire dal circuito tradizionale, e l'endorsement di Chapman, paladino di quel matrimonio tra folk tradizionale e rock di cui Richard Thompson e John Martyn rimarranno sempre maestri indiscussi, è già un buon biglietto da visita. E di fatto questi dodici brani si tengono equidistanti tra costruzioni melodiche legate alla tradizione brit-folk e qualche accorgimento più accattivante in sede di arrangiamento. Il risultato non aggiunge nulla a quanto Sandy Denny non abbia già fatto quarant'anni fa o a quanto la ex Espers Meg Baird si danna a professare da anni, avvicinandosi come risultato finale ai più recenti dischi di Linda Thompson.

Come spesso accade anche nei dischi di Chapman, è l'intreccio tra acustiche ed elettriche l'aspetto più interessante della tela tessuta intorno a delle canzoni che si segnalano anche per dei testi non banali, con la stessa McQuaid a mostrare ottime doti di musicista già nel singolo The Tug Of The Moon. Sebbene ritmo e atmosfera non abbiano mai accelerazioni, il disco è ben dosato tra momenti riflessivi come la cover Forever Autumn del compositore Jeff Wayne (quello del musical La Guerra dei Mondi, da cui esce anche la versione del canto medioevale Dies Irae) e altri più baldanzosi. Il duello a sei corde con Chapman genera anche due interessanti strumentali come The Day Of WrathThat Day e New Beginnings che è una marcia nuziale dedicata alla amica e collaboratrice Zoe Pollock (insieme pubblicarono un album nel 2009). A caratterizzare i toni autunnali del disco ci pensano gli archi di Georgia Ellery e Joe Pritchard o la tromba di Richard Evans, piccole aggiunte al suono magistralmente diretto da Chapman.

If We Dig Any Deeper It Could Get Dangerous, titolo nato curiosamente mentre scavava buche in giardino con il figlio (ma in verità canzone che se la prende con la brutale tecnica del Fracking), non è un disco che porta nuova linfa al genere, ma ne conferma la piena attualità e modernità. Come dire che la guerra fatta da Chapman e compari da fine anni 60 per far uscire la tradizione del folk britannico dal suo fiero guscio culturale è ormai vinta, e il buon Michael se ne sta giustamente prendendo onori e meriti.

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