The Claudettes File Under: piano blues |
Un critico del Minneapolis Star-Tribune li ha definiti “una band di cabaret distorto che suona blues, jazz e rockabilly con una sensibilità che si divide in parti uguali tra James Dean e David Lynch”. Al di là delle boutade che piacciono tanto ai noi critici musicali per insaporire le recensioni, penso che la definizione sia effettivamente la più azzeccata per descrivere l’idea spericolata che sta dietro il progetto dei Claudettes, band che ha davvero molto da insegnare alle miriadi di blues-band (anche italiane) che troppo spesso si accontentano di seguire le dodici battute senza troppa originalità.
Loro infatti blues-band lo sono a tutti gli effetti, con una vocalist di stampo classico come Berit Ulseth, un pianista invasato di Allen Toussaint di nome Johnny Iguana (uno che ha nel curriculum sessions con Junior Wells e Buddy Guy a testimonianza della sua formazione tradizionale), e una sezione ritmica formata da Michael Caskey alla batteria e Zach Verdoorn (bassista, ma all’occorrenza anche unica chitarra della band). High Times in the Dark è il loro quinto album, ma rappresenta un deciso salto di qualità per il quale gran merito va anche dato al produttore Ted Hutt (nel suo curriculum figurano Violent Femmes, Old Crow Medicine Show, Flogging Molly e Lucero, e penso possano bastare), che li ha seguiti e assecondati nella loro originale idea di blues da strada. E se l’iniziale Bad Babe, Losin’ Touch resta ancora nel recinto della tradizione, il boogie-punk di 24/5 è davvero un episodio riuscito, in cui il canto jazzy e impostato della Ulseth si scontra con il piano selvaggio (alla Jim Jones Revue quasi) di Iguana. Un grande pezzo che però ancora viene contraddetto dalla successiva I Swear To GoId, I Will, dove piano e arrangiamento quasi orchestrale riportano il tutto su una suadente e romantica linea melodica.
La Ulseth dimostra la sua versatilità in Creeper Weed, dove canta con toni alti su una pulsante base di boogie da bar, che apre la strada ad una serie di brani dove ritmi indiavolati e pianoforti con Jerry Lee Lewis nel motore fanno a pugni con strutture melodiche swingate e carezzevoli. Un connubio che funziona, e anzi evita quella leziosità che ha spesso infettato lo swing-revival di questi anni, rendendo i Claudettes, pur in tutta la loro retro-mania, un gruppo che riesce ad ergersi dalla massa. Bello anche il gioco a due voci di I Don't Do That Stuff Anymore e le variazioni sul tema, come la ballata anni 50 di You Drummers Keep Breaking My Heart (anche qui è il piano che prova a scardinare gli schemi classici del genere). Spazio ad un tocco malinconico solo per il finale di The Sun Will Fool You, piano-ballad alla Laura Nyro che chiude un album old-style fresco e per nulla banale.
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