Lilly Hiatt
Forever
(New West, 2025)
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My House is Very Beautiful at Night
L’anno scorso ha compiuto 40 anni
Lilly Hiatt, e, in puro stile no-look/no-make-up alla Lucinda Williams, non fa
nulla per nasconderli anche nelle foto incluse nel nuovo album Forever,
il sesto di inediti di una carriera iniziata discograficamente nel 2012. Il
padre John si è sempre tenuto un po’ disparte nei suoi dischi, quasi a non
voler sembrare ingombrante, ma è evidente che l’evoluzione artistica della
figlia la stia portando sempre più sui suoi territori. Significativo poi che la
sua voce faccia capolino in un amorevole e paterno messaggio vocale al telefono
posto nel finale della conclusiva Thought, un brano sui bei tempi andati
della High School.
D’altronde Forever è un disco
sull’essere famiglia, quella che lei, dopo anni di difficile recupero
dall’alcolismo, è riuscita costruire con il marito (e qui produttore e chitarrista)
Coley Hinson, che ha allestito uno studio casalingo per registrare 29 minuti di
belle canzoni che parlano d’amore (Forever), di uomini a cui appoggiarsi
(Man) e in generale di una nuova dimensione casalinga (la bella e
suadente Evelyn’s House).
E’ un disco sul recupero di una
sfera personale, e sul combattere e vincere i propri fantasmi personali (Ghost
Ship), molti solo evocati o accennati ma segreti, altri più noti (la madre
di Lilly si è suicidata quando lei aveva solo un anno, e già nel buon album Walking
Proof del 2000 aveva raccontato delle sue dipendenze). Per questo il tono,
sebbene raccontato tramite un sound di country molto elettrico (nella
title-track vengono in mente le chitarre in libertà spesso usate da papà John),
è abbastanza rilassata e risolta, e già Hidden Day in apertura avverte
sul fatto che in questo caso andrà in onda un racconto diverso da quello a cui
ci aveva abituati.
Ci sarebbe quasi da pensare un
giorno ad uno speciale sui dischi che raccontano l’approdo in un porto sicuro e
tranquillo da parte degli artisti dalla vita più disordinata (penso ad esempio
al Lou Reed di My House in The Blue Mask), quasi un sottogenere narrativo
che spesso viene avvertito come poco intrigante dal pubblico. “Chi guarderebbe un film come questo dopo uno
spettacolo rock n roll?” canta non a caso Lilly in Kwik-E-Mart quasi interrogandosi
sul “who cares’” del suo uomo e della sua vita coniugale. Domanda lecita a cui
rispondiamo “a noi”, che amiamo comunque le belle canzoni finemente scritte e
ben suonate, anche da una artista che forse non ha poi fatto il grande salto di
crescita di personalità che possa portarla in prima fila nel vasto mondo della
canzone americana, ma che da qualche anno ha trovato perlomeno un suo filone
narrativo e espressivo che merita attenzione.
Nicola Gervasini
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