mercoledì 19 marzo 2025

Lilly Hiatt

 

Lilly Hiatt

Forever

(New West, 2025)

File Under: My House is Very Beautiful at Night

L’anno scorso ha compiuto 40 anni Lilly Hiatt, e, in puro stile no-look/no-make-up alla Lucinda Williams, non fa nulla per nasconderli anche nelle foto incluse nel nuovo album Forever, il sesto di inediti di una carriera iniziata discograficamente nel 2012. Il padre John si è sempre tenuto un po’ disparte nei suoi dischi, quasi a non voler sembrare ingombrante, ma è evidente che l’evoluzione artistica della figlia la stia portando sempre più sui suoi territori. Significativo poi che la sua voce faccia capolino in un amorevole e paterno messaggio vocale al telefono posto nel finale della conclusiva Thought, un brano sui bei tempi andati della High School.

D’altronde Forever è un disco sull’essere famiglia, quella che lei, dopo anni di difficile recupero dall’alcolismo, è riuscita costruire con il marito (e qui produttore e chitarrista) Coley Hinson, che ha allestito uno studio casalingo per registrare 29 minuti di belle canzoni che parlano d’amore (Forever), di uomini a cui appoggiarsi (Man) e in generale di una nuova dimensione casalinga (la bella e suadente Evelyn’s House).

E’ un disco sul recupero di una sfera personale, e sul combattere e vincere i propri fantasmi personali (Ghost Ship), molti solo evocati o accennati ma segreti, altri più noti (la madre di Lilly si è suicidata quando lei aveva solo un anno, e già nel buon album Walking Proof del 2000 aveva raccontato delle sue dipendenze). Per questo il tono, sebbene raccontato tramite un sound di country molto elettrico (nella title-track vengono in mente le chitarre in libertà spesso usate da papà John), è abbastanza rilassata e risolta, e già Hidden Day in apertura avverte sul fatto che in questo caso andrà in onda un racconto diverso da quello a cui ci aveva abituati.

Ci sarebbe quasi da pensare un giorno ad uno speciale sui dischi che raccontano l’approdo in un porto sicuro e tranquillo da parte degli artisti dalla vita più disordinata (penso ad esempio al Lou Reed di My House in The Blue Mask), quasi un sottogenere narrativo che spesso viene avvertito come poco intrigante dal pubblico.  “Chi guarderebbe un film come questo dopo uno spettacolo rock n roll?” canta non a caso Lilly in Kwik-E-Mart quasi interrogandosi sul “who cares’” del suo uomo e della sua vita coniugale. Domanda lecita a cui rispondiamo “a noi”, che amiamo comunque le belle canzoni finemente scritte e ben suonate, anche da una artista che forse non ha poi fatto il grande salto di crescita di personalità che possa portarla in prima fila nel vasto mondo della canzone americana, ma che da qualche anno ha trovato perlomeno un suo filone narrativo e espressivo che merita attenzione.

Nicola Gervasini

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