mercoledì 5 marzo 2025

SAY ZUZU

 

Say Zuzu

Bull

(Strolling Bones Records, 1998/2024)

File Under: Try One More Tme

Se ragionassimo con una logica commerciale, per non dire capitalistica, per cui una offerta sul mercato la si ripropone solo se ha avuto un ritorno economico soddisfacente e replicabile, dovremmo pensare che la ristampa dell’album Every Mile dei Say Zuzu, che vi presentammo poco più di un anno fa, abbia avuto vendite più che incoraggianti. Non disponendo di questi dati, possiamo però anche pensare che il fatto che la Strolling Bones Records di Athens abbia deciso di proseguire con l’operazione, proponendo il precedente disco del 1998 Bull, sia anche frutto di una passione, prima ancora che di mero calcolo economico. D’altronde per capire il loro spirito, basta guadare il sito della label per scoprire che ha in catalogo nomi alquanto oscuri della scena roots, in cui gente a noi ben nota, ma certo non “di primo grido”, come Jon Dee Graham, i Chickasaw Mudd Puppies o Randall Bramlett, giocano il ruolo di nomi di punta.

 

Soprattutto perché poi la cosiddetta “deluxe edition” è una semplice ristampa, arricchita in questo caso con tre inediti, segno che poi gli stessi Say Zuzu ai tempi non si preoccuparono poi molto di lasciare materiale nel cassetto per future operazioni discografiche. Intanto ci dà, comunque, l’occasione di riascoltare (o a voi che non l’avete preso in considerazione 26 anni fa, di riscoprire) un disco che rappresentò per la band la raggiunta maturità. Non aveva forse i pezzi potenti dei precedenti Highway Signs & Driving Songs (1995) e Take These Turns (1997), che restano i primi due titoli che consiglierei della band, ma era sicuramente il disco meglio prodotto del loro catalogo, forte anche di una band che si era ormai ben rodata nei live, e aveva trovato anche in studio il modo per smussare certe spigolature e ingenuità dei primi album. Bull in un certo senso poteva essere la loro occasione di uscire dalla nicchia con pezzi forti come Fredericksburg e Pennsylvania, ma arrivò purtroppo quando l’onda commercialmente positiva dell’Americana stava entrando nella sua fase calante. E paradossalmente She Was The Best, uno dei tre inediti, avrebbe potuto avere qualche chance se si ricorda il successo ottenuto dai Sister Hazel con brani molto simili, e viene da pensare sia stata esclusa ai tempi forse proprio perché un po’ fuori dalle loro solite coordinate

 

La formula comunque rimaneva la stessa, potremmo definirla “Uncle Tupelo-Like” (e la presenza di Moonshiner parla chiaro in tal senso), sia nel suono tutto chitarre, sia nella divisione di compiti tra i due leader Cliff Murphy e Jon Nolan, ma è ovvio che oggi brani come Hank o Wasting Time possono conquistare solo chi seguiva la scena già ai tempi. In ogni caso anche gli altri due inediti valgono la pena, più che una ordinaria Didn’t Know, la bella Singing Bridges con il suo valido gioco di chitarre acustiche. Non tantissimo magari per chi deve decidere se rinnovare la propria edizione già acquistata nel 1998, un bel tesoro per chi parte da zero.

 

Nicola Gervasini

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