Say Zuzu
Bull
(Strolling
Bones Records, 1998/2024)
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Try One More Tme
Se ragionassimo con una logica commerciale,
per non dire capitalistica, per cui una offerta sul mercato la si ripropone
solo se ha avuto un ritorno economico soddisfacente e replicabile, dovremmo
pensare che la ristampa dell’album Every Mile dei Say Zuzu, che vi presentammo
poco più di un anno fa, abbia avuto vendite più che incoraggianti. Non
disponendo di questi dati, possiamo però anche pensare che il fatto che la Strolling
Bones Records di Athens abbia deciso di proseguire con l’operazione, proponendo
il precedente disco del 1998 Bull, sia anche frutto di una passione,
prima ancora che di mero calcolo economico. D’altronde per capire il loro
spirito, basta guadare il sito della label per scoprire che ha in catalogo nomi
alquanto oscuri della scena roots, in cui gente a noi ben nota, ma certo non “di
primo grido”, come Jon Dee Graham, i Chickasaw Mudd Puppies o Randall Bramlett,
giocano il ruolo di nomi di punta.
Soprattutto perché poi la cosiddetta
“deluxe edition” è una semplice ristampa, arricchita in questo caso con tre inediti,
segno che poi gli stessi Say Zuzu ai tempi non si preoccuparono poi molto di lasciare
materiale nel cassetto per future operazioni discografiche. Intanto ci dà,
comunque, l’occasione di riascoltare (o a voi che non l’avete preso in considerazione
26 anni fa, di riscoprire) un disco che rappresentò per la band la raggiunta maturità.
Non aveva forse i pezzi potenti dei precedenti Highway Signs & Driving
Songs (1995) e Take These Turns (1997), che restano i primi due titoli che
consiglierei della band, ma era sicuramente il disco meglio prodotto del loro catalogo,
forte anche di una band che si era ormai ben rodata nei live, e aveva trovato
anche in studio il modo per smussare certe spigolature e ingenuità dei primi
album. Bull in un certo senso poteva essere la loro occasione di uscire dalla
nicchia con pezzi forti come Fredericksburg e Pennsylvania, ma arrivò
purtroppo quando l’onda commercialmente positiva dell’Americana stava entrando
nella sua fase calante. E paradossalmente She Was The Best, uno dei tre inediti,
avrebbe potuto avere qualche chance se si ricorda il successo ottenuto
dai Sister Hazel con brani molto simili, e viene da pensare sia stata esclusa
ai tempi forse proprio perché un po’ fuori dalle loro solite coordinate
La formula comunque rimaneva la
stessa, potremmo definirla “Uncle Tupelo-Like” (e la presenza di Moonshiner
parla chiaro in tal senso), sia nel suono tutto chitarre, sia nella divisione
di compiti tra i due leader Cliff Murphy e Jon Nolan, ma è ovvio che oggi brani
come Hank o Wasting Time possono conquistare solo chi seguiva la
scena già ai tempi. In ogni caso anche gli altri due inediti valgono la pena,
più che una ordinaria Didn’t Know, la bella Singing Bridges con
il suo valido gioco di chitarre acustiche. Non tantissimo magari per chi deve
decidere se rinnovare la propria edizione già acquistata nel 1998, un bel tesoro
per chi parte da zero.
Nicola Gervasini
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