The Bangles
Watching
the Sky: The Bangles Box Set
Chery reed
°°°1/2
Tempo di valorizzazione del catalogo anche in casa Bangles,
il quartetto “all-girls” formato da Vicki Peterson, Susanna Hoffs, Debbi
Peterson e l’ex Runaways Michael Steele. Watching the
Sky: The Bangles Box Set riunisce i
primi 3 album della band, con un quarto cd che riprende il loro EP del 1982, qualche
singolo come il loro vero e proprio esordio del 1981 (Getting Out of Hand), la
poderosa cover di Hazy Shade
of Winter di Simon & Garfunkel presente nella colonna sonora del film Less
Than Zero, e forse troppi remix o extended version dei singoli più noti.
Occasione
buona, comunque, per ricordare una band nata nel contesto del Paisley
Underground di Los Angeles, con complice amicizia con gruppi come Dream
Syndicate, Rain Parade e Three O'Clock, un’unione di anime e intenti celebrata col
supergruppo Rainy Day nel 1983, e ancora, nel 2019, nell’album a quattro mani 3 x 4.
Complice l’interesse che una band al femminile suscitò in un decennio così
attento all’immagine come gli anni Ottanta (e l’affannosa ricerca delle nuove
Go-Go’s), la storia musicale delle Bangles racconta di un gruppo di amiche sinceramente
innamorate di una musica fatta di chitarre e rimandi al sixty-sound dei Byrds, che
era stata un po’ forzata a diventare una pop-band da video musicali.
Riascoltiamo
comunque con piacere All Over the Place del 1984, che si fece apprezzare
per la freschezza del suono tutto chitarre e per le due cover, Live,
un brano del 1967 dei Merry-Go Round, e il loro primo singolo di un certo
richiamo, Going
Down to Liverpool, una cover di Katrina and The Waves scritta dal loro
chitarrista Kimberly Rew (un ex Soft Boys con Robyn Hitchcock, giusto per
confermare la matrice del loro suono). Il best-seller però fu Different
Light del 1986, quasi 4 milioni di copie vendute nel mondo grazie a tre
singoli ancora oggi super-noti, ma significativamente anche gli unici tre brani
non autografi del disco, a parte la solita cover di alto livello per ribadire
le loro origini artistiche (in questo caso una pregevole September Gurls
dei Big Star).
Ma
pareva ovvio che le pur irresistibili Manic Monday
(uno “scarto” di Prince), Walk
Like An Egyptian (scritta da Liam Sternberg, archivista della Stiff Records),
e If She Knew What
She Wants (opera di Jules Shear, che ricordiamo poi negli anni Novanta
come presentatrice degli Unplugged di MTV), erano scelte che sapevano molto di
imposta strategia marketing per far di loro delle star del pop. In particolare,
Susanna Hoffs tentò a anche una carriera cinematografica (interpretò una ben poco
memorabile commedia balneare diretta da sua madre), che tardò la pubblicazione
del più coraggioso Everything, uscito nel 1988 per la prima volta lanciato
da due singoli di loro pugno (In
Your Room e Eternal
Flame),
che conquistarono complimenti dalla critica, ma un successo decisamente più
contenuto. Fine della storia per quanto riguarda il Box, anche perché il
seguito, carriere soliste a parte, vede solo due dignitosi album pubblicati nel
2003 e 2011, e tanti tour nostalgici, tutt’ora in corso.
Nicola Gervasini