PARLOTONES
JOURNEY THROUGH THE SHADOWS
Ais/EarMusic
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In Sud Africa sono delle
star di prima grandezza, dalle nostre parti invece ancora devono trovare i
giusti canali per il successo, anche se del precedente disco Stardust Galaxies si è comunque molto parlato
anche in Europa. I Parlotones
vengono da Johannesburg, alfieri di un pop-rock che tiene un piede nel rock
alternativo da garage e uno in quello furbetto delle radio alla moda. Struttura
classica (due chitarre – basso – batteria), grafica che richiama gli anni doro
del garage-rock e una forte propensione alla three-minute-song che piace sempre ai palinsesti per teen-ager, la
band, capitanata dal cantante Kahn
Morbee, produce con Journey Through
The Shadows un album insieme furbo e maturo, in cui alla facilità di
memorizzazione dei ritornelli di Soul And
Body fa da contro-altare una
scrittura che cerca di uscire dalle briglie della teenager-song. Per i
confronti si fanno i nomi dei Killers, magari più impropriamente dei Muse (non
ne hanno la stessa magniloquenza), mentre le aperture pop di Save Your Best Bits non possono non
richiamare alla mente i Coldplay, di cui sono stati anche gruppo-spalla. Se la produzione non disdegna di tenere alti
i volumi e sottolineare le melodie come si richiede ad un disco nato per
piacere, ci pensa la chitarra di Paul
Hodgson a dare quel tocco di provvisorietà da rock da cantina che permette
al disco di risultare comunque “vero” nonostante la produzione volutamente
sopra le righe. D’altronde loro sono una
band che sta facendo tute le tappe tipiche delle star, dalle spettacolari
iniziative benefiche (scaleranno il Kilimanjaro come testimonials di
Africa-Unite, associazione contro la violenza sulle donne in Africa) a quelle
nei social network (loro l’idea di una sorta di tessera fedeltà dei fans che
accumuleranno punti comprando cd e partecipando a concerti, avendo così diritto
a benefit come il non dover fare la coda ai concerti). Quello che resta però
ancora lontano dal mondo della grande canzone è proprio la statura artistica di
tutto il disco, che si ascolta senza troppo impegno, ma che solo in alcuni
episodi (Honey o Down By
The Lake, per le quali immaginatevi una svolta più commerciale dei Gaslight
Anthem, o una I Am Alive che cerca
gli U2) risveglia un vero e proprio interesse. We Just Want To Be Loved rispondono loro, coadiuvati pure da coro
di bambini, e davvero in questi casi non ci sono altre grandi parole da
spendere. Come cantavano gli XTC, “Come
si chiama quel rumore che esce dal Jukebox?”. La risposta, ricorderete, era
“Questo è pop, Yeah Yeah”.
Nicola Gervasini
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