ARTISTI
VARI
THE
HUNGER GAMES: SONGS FROM DISTRICT 12 AND BEYOND
Universal Republic
***1/2
Ci fa ancora un certo effetto trovare il nome di T-Bone Burnett coinvolto in super
produzioni hollywoodiane, ma siamo pur sempre felici che un nome così
meritevole sia considerato garanzia di qualità e vendibilità al tempo stesso. The
Hunger Games è un film del regista Gary Ross, tratto da un celebre
romanzo di fantascienza di Suzanne Collins, già campione d’incassi in USA e in
uscita in Italia in questi giorni. Il progetto della colonna sonora è stato
affidato proprio a Burnett e ad un altro veterano delle soundtracks come James
Newton Howard, che insieme hanno diretto sedici artisti del mondo roots-rock
indipendente (come ad esempio i Decemberists
o una Neko Case di nuovo a tinte
country), folk (Secret Sisters, Low
Anthem) e mainstream come i Maroon
5, che dopo aver partecipato anche al recente tributo a Dylan, sembrano davvero
intenzionati a cercare un riconoscimento anche al di fuori del mondo MTV (e
stavolta se la cavano pure benino con una Come
Away To The Water che trasuda Burnett-sound da tutti i pori). E visto che
in genere è naturale che gli artisti non prestino a queste operazioni i loro
brani migliori, il risultato può essere considerato più che buono. Il clima
generale è comunque rilassato e decisamente folk-oriented, a partire dall’ipnotico
tema centrale del film affidato agli Arcade
Fire (Abraham’s Daughter), con
alcune eccezioni come l’hard/hip hop offerto dal rapper Kid Cudi, un Glen
Hansard insolitamente elettrico e sopra le righe con Take The Heartland, (forse uno dei pochi brani che fa storcere
leggermente il naso della raccolta, insieme all’unico non prodotto da Burnett,
la fin troppo poppettara Eyes Open
affidata a Taylor Swift). Le sorprese arrivano dalle reginette del country
coinvolte, con la stessa Taylor Swift che riscatta il brutto brano di cui sopra
con il convincente incontro con il duo folk dei Civil Wars (Safe & Sound, addirittura scelto
come singolo promozionale per l’album), che a loro volta ben impressionano con Kingdom Come, mentre anche la bionda Miranda Lambert tira fuori la passione
giusta per la sua Run Daddy Run.
Bella scoperta anche Dark Days del
gruppo bluegrass Punch Brothers (molto
stile Low Anthem), mentre i Decemberists di One
Engine persistono nella loro ritorno al roots-rock più classico e i Carolina Chocolate Drops si esibiscono
in uno dei loro tipici finti-traditional a cappella (Daughter's Lament). Se la cava bene anche la giovanissima stellina
del folk-pop Jayme Dee con la tenue Rules, confermando come la mano del
regista Burnett è ormai in grado di far fare bella figura a chiunque. A riprova
dunque che il suo marchio dia ormai più garanzie di un bollino D.O.C. posto su
una bottiglia di vino, a questo punto potremo goderci un blockbuster
all’americana senza doverci troppo tappare le orecchie, e davvero non è poco.
Nicola
Gervasini
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