DIANA DARBY
IV (INTRAVENOUS)
Green Eyed Girl
Music
***
Personaggio
sfuggente e rimasto sostanzialmente nell’ombra, Diana Darby è una cantautrice di Houston attiva fin dal 2000, anno
del suo esordio (Naked Time). Da
allora solo due album (Fantasia Ball
del 2003 e il ben accolto The Magdalene
Laundries del 2005) e un lungo periodo di silenzio che ha un po’ vanificato
il fatto che il suo nome cominciasse ad essere notato anche al di fuori degli
ambienti folk (fu anche tra le protagoniste del disco tributo a Kris
Kristofferson Nothing Left To Lose
del 2002). IV, album che oltre alla spartana numerazione ha anche un
sottotitolo (Intravenous), esce quindi in sordina, conscio di avere molto da
recuperare in termini di notorietà. Registrato a New York, ma ripulito negli
studi di Nashville con il produttore/cantautore Mark Linn, IV è un disco
prettamente acustico, dove i musicisti coinvolti fanno a gara a sparire tra i meandri della dolce e
sognante voce della Darby, anche se su tutti regna il tono autunnale del
violoncello di David Henry. Partenza triste, quasi soffocante con l’accoppiata Looking For Trouble - Snow Cover Me
prima di arrivare a If Love,
sicuramente uno dei pezzi forti del disco, breve poesia che introduce alla
riuscita Spinning. Molto Suzanne Vega
con in più l’influenza di tutto il cantautorato femminile indipendente anni
2000, probabilmente assimilabile al nuovo esercito di folksinger alla Laura
Marling, Diana Darby punta molto sulla suggestione di voce e parole (sempre poche,
i suoi testi sono molto poco verbosi e pesano i termini con studiata perizia) e
molto poco sugli effetti speciali. E’ forse proprio una marcia in più in sede
di produzione/arrangiamento che manca a questo IV per riuscire a risaltare nella marea di produzioni simili che inondano
il mondo indipendente, ma sarebbe un peccato non notare la grande vena
drammatica di un brano come Heaven,
storia delle tensioni religiose vissute tra una moglie cattolica e un padre
ebreo. Ritmo e tono però non cambiano mai, e alla fine l’ascolto diventa anche
difficoltoso, ed è un peccato perché brani come Elena e Little One
sarebbero materiale ottimo da far plasmare ad un produttore più scafato e
capace di mettere in risalto quanto di buono scorre in queste canzoni. Consigliato
agli amanti delle folksinger gentili, astenersi cercatori di emozioni forti.
Nicola Gervasini
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