giovedì 14 novembre 2013

ROBERT RANDOLPH & THE FAMILY BAND


 Robert Randolph & The Family Band Lickety Split [Blue Note  2013]
www.robertrandolph.net


 File Under: Funky Music for guitar players

di Nicola Gervasini (22/10/2013)
In un'annata in cui la black music sta continuando a fornire molti motivi di interesse, è forse giunta l'ora anche per le nostre pagine di occuparci di Robert Randolph. Innanzitutto perché questo chitarrista del New Jersey è un raro caso di specialista della pedal steel guitar dedito non al country o al blues in senso stretto (anche se Buddy Guy lo chiama spesso e volentieri nei suoi dischi), ma ad una funky-music a tutto tondo che abbraccia davvero tante (e forse a volte troppe) sfere. La sua attività di session-man e ospite d'onore è molto intensa (tra i più recenti, Robbie Robertson, North Mississippi Star, Los Lobos, Elton John & Leon Russell e tanti altri) e negli Stati Uniti è divenuto una sorta di star grazie alla sigla di apertura del programma dedicato alla NBA dell'ABC.

Stimato dai colleghi e dalla stampa (Rolling Stone lo ha messo fra i 100 chitarristi migliori della storia!), la sua discografia, da sempre portata avanti con la fedele Family Band (in cui ci sono davvero dei parenti come il batterista Marcus Randolph e la brava vocalist Lenesha Randolph) è uno scoppiettante caleidoscopio di stili e umori, che da Sly Stone si spingono fino a Santana (con il quale collabora spesso), ma forse più in generale ricorda l'approccio delle jam-band bianche. Immaginate un Derek Trucks in session con JJ Grey & Mofro o un Dave Matthews quando si crede Stevie Wonder, oppure semplicemente pensate ad una versione più blues-southern-roots-oriented dei Funkadelic e non ci andate molto lontano. Randolph ama mischiare (New Orleans pare un brano dei Wet Willie virato a rap), citare (la somiglianza di Born Again con Love the One You're With di Stephen Stills non può essere solo un caso), spesso e volentieri ostentare (Amped Up) e anche un po' "sbrodolare" con la sua chitarra (in Brand New Wayo lo fa in coppia con l'amico Carlos Santana) o con la sua pedal-steel (Get Ready).

Lickety Split è forse il suo disco più pimpante e spensierato, un party-record che non disdegna i momenti di commozione (la ballatona Blacky Joe, anche questa con il contributo di Carlos Santana, o la lunga Welcome Home), ma che spesso spinge sull'acceleratore grazie a brani nati solo per far muovere il culo come la title track o le significative cover di Love Rollercoaster degli Ohio Players (ma il brano è forse oggi più noto nella versione dei Red Hot Chili Peppers) e il finale affidato all'immortale Good Lovin' degli Young Rascals. Un bel meltin pot di varie influenze, che non disdegna riff hard rock per sostenere testi di stampo politico (All American) o spensierate svisate nella funky-music (Take The Party, con il contributo di Trombone Shorty). Il difetto sta nel troppo di tutto e nel troppo poco di sostanza, perché Randolph ama più dare spettacolo e spesso e volentieri cede a qualche virtuosismo da circo, ma Lickety Split appare forse come il suo lavoro più equilibrato in questo senso. Dategli un ascolto quando siete dell'umore giusto, non c'è un brano che non si faccia fischiettare al primo colpo qui dentro…e non è davvero poco.


  

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