venerdì 1 aprile 2016

XIXA



XIXA
Bloodline
[Glitterhouse/ Goodfellas 2016]
www.xixamusic.com
File Under: desert in cumbia
di Nicola Gervasini (23/03/2016)


"XIXA are psychedelic. XIXA are cumbia. But, most of all, XIXA are rock 'n roll". La frase che caratterizza la cartella stampa del gruppo gioca non poco a creare confusione su una nuovissima e fantomatica sigla, i XIXA (da scrivere sempre tutto maiuscolo), sestetto per nulla di primo pelo proveniente da Tucson. Brian Lopez and Gabriel Sullivan, infatti, fanno parte della moderna formazione allargata dei Giant Sand, mentre Jason Urman (tastiere) Geoffrey Hidalgo (basso), Efren Cruz Chavez (percussioni) e il batterista Winston Watson hanno già tutti lunghi curriculum da session-man in vari ambiti (Chavez, a detta di Lopez, era talmente immerso nel mondo della musica latina, da non sapere nemmeno chi fossero i Led Zeppelin, Watson invece ha suonato con Bob Dylan e Alice Cooper).

Già titolari di un EP (Shift and Shadow), i XIXA possono essere considerati un tardivo quanto efficace prodotto di quel mondo musicale che ruota intorno a Howe Gelb, a cui fanno inevitabilmente riferimento con il loro mix di musiche latine e soluzioni rock. Impossibile dire qualcosa di nuovo in materia dopo anni di Giant Sand, Calexico, e in alcuni casi ci metterei pure i Los Lobos, che certi esperimenti di contaminazione li hanno provati prima di tutti. I XIXA provano ad esordire battendo la strada di mettere un po' di tutto nel calderone (anche elementi di musica araba in World Go Away e in una Down From The Sky che pare davvero un brano del Robert Plant in vena di musica d'oriente alla Kashmir), giocando molto sulle atmosfere e sulle ossessività percussiva della cumbia, a cui fanno ritmicamente riferimento nella maggior parte dei brani. Rock e psichedelìa effettivamente ci sono, ad esempio nel pasticcio di Pressures of Mankind, mix di rumorismo, tastiere da pop anni 60 e indiavolati ritmi latini che ammalia, ma lascia anche perplessi.

Se da un parte il combo ha un evidente savoir faire su come trattare il genere e eventualmente anche scardinarne la grammatica di base (Vampiro e Killer sono gli esempi più riusciti), quello che manca però è un frontman con una voce che non vada al di là di un soffocato e roco clone del modo di cantare di Howe Gelb. Come dire che ci sono i suoni, le idee, mancano però le canzoni e qualcuno che sappia farle arrivare al cuore dell'ascoltatore. Per questo i XIXA falliscono un po' nel distaccarsi completamente dal mondo da cui provengono, finendo per ambire al massimo ad essere quello che gli Autumn Defense di Pat Sansone sono rispetto ai Wilco: un validissimo, per quanto accessorio, side-project delle maestranze.

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