venerdì 6 gennaio 2017

AMANDA BERGMAN

Amanda Bergman 
Docks
[
Ingrid/ Goodfellas 
2016]
www.amandabergman.se
 File Under: Coming from the cold

di Nicola Gervasini (14/12/2016)
Non deve essere facile chiamarsi Bergman in Svezia, e pretendere di essere facilmente riconosciuta. Per fortuna di Amanda il suo ambito non è il cinema, regno delle due maggiori icone artistiche del popolo svedese (Ingrid e Ingmar), bensì la musica, ma è significativo che anche lei per i suoi primi passi avesse scelto vari nickname (Hajen, Jaw Lesson), fino ad adottare il nome d'arte di Idiot Wind per le prime prove discografiche, nome la cui derivazione spero di non dover spiegare proprio su queste pagine. Le connessioni dylaniane non finiscono qui, visto che Amanda è stata moglie di Kristian Matsson, meglio noto come The Tallest Man on Earth, uno che con i dylanismi ci ha campato fin da sempre.

Dal 2013 però Amanda ha intrapreso una doppia nuova carriera: da un lato la band degli Amason (che in Svezia godono anche di buone vendite), dall'altro l'avventura a proprio nome, che dopo un paio di singoli, trova il suo completo esordio con questo Docks. Dove il riferimento non è certo Dylan, quanto il più classico folk etereo di marca scandinava alla Emiliana Torrini o Sophie Zelmani, per tirare in ballo voci femminili alquanto simili, o alla Josè Gonzalez, per trovare un riferimento musicale ancora più adatto. Potere ai silenzi, ai tempi lenti, ai suoni elettroacustici, al sussurrato e al solito pizzico di elettronica: la Bergman utilizza l'intero campionario dell'indie-folk degli ultimi anni, come anche la batteria martellante di Flickering Lightsche tanto ricorda il drumming di molte canzoni dei War on Drugs. E' questo il primo sussulto di ritmo e di melodie anche alquanto pop (il brano è l'ultima collaborazione registrata con l'ex marito Matsson), dopo che la sequenza di brani inziali cerca atmosfera (GoldenTaxis) o autorialità (FalconsQuestions) con mestiere ma sempre troppi sussulti.

Dosato tra sensazioni maloniche tipiche della scena scandinava (Sirens) e momenti di folk più leggero e scanzonato alla SuzanneVEGA (Windshield), il disco si ascolta con piacere, anche se i brani fanno una certa fatica ad imprimersi nella mente, come se sul tutto si fosse posata una patina impenetrabile di freddezza. Il modo di cantare della Bergman è matematico, senza tentennamenti, come se le emozioni raccontate nei testi venissero ripulite prima di arrivare alle nostre orecchie, e questo è il difetto più evidente di Docks. Forse proprio nella bonus track Desolation si lascia finalmente un po' andare, ma proprio la collocazione quasi nascosta della canzone rende bene chiaro che un po' quasi se ne vergogna.

Interessante, ma a questo punto della ormai lunga e autorevole storia del folk nordeuropeo, servirebbe qualche slancio creativo in più per uscire allo scoperto.

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