mercoledì 28 dicembre 2016

GIORGIA

Il luogo comune che perseguita Giorgia da tanti anni è quello di una grande vocalist che ha scelto spesso produzioni al di sotto delle sue qualità. Non è sempre stato vero, ma anche Oronero (Microphonica),  suo decimo album di inediti in 22 anni circa di carriera, sembra voler confermare il suo status di artista sempre in bilico tra il mondo della canzone italiana più facile e quello dell’innegabile autorialità delle sue canzoni. Questione di uomini giusti forse (ancora una volta fa tutto Michele Canova Iorfida, collaboratore stretto di Tiziano Ferro e Jovanotti), ma anche questi 15 brani fanno capire che sebbene ci sia della vera sostanza dietro il fatto di avere una gran voce e saperla pure usare bene, ancora troppe volte gli arrangiamenti cercano la via più scontata e modaiola. Provo ad esempio immaginare ottimi brani come Posso Farcela, Tolto e Dato, o la stessa Oronero,  con una band che vada oltre lo schema batteria elettronica/piano/tastiere maestose, e un po’ di rammarico rimane. O magari immaginare Regina di Notte  con un taglio gospel alla Nessun Dolore di Lucio Battisti, invece sentirla immersa in battiti e trattamenti vocali elettronici da discoteca. Nessuno si aspetta che Giorgia si metta a fare album da chanteuse naïf alla Nada, ma da quella che potremmo con gran rispetto considerare la Mina degli anni 2000, qualche prova di coraggio in più sarebbe ora di pretenderla.

Nicola Gervasini

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