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File Under: Dylan-mania
di Nicola Gervasini (23/04/2018)Un nuovo disco tributo a Bob Dylan è forse l'operazione meno originale che possa fare una cantante di questi tempi (in fondo abbiamo appena tolto dal lettore un album analogo di Joan Osborne dello scorso anno), eppure c'era da aspettarselo un tale infoltimento del catalogo a seguito del premio Nobel. Moda sì o moda no che sia, Bettye Lavette confeziona questo Things Have Changed coerentemente ad una discografia che si sta specializzando in cover-records spesso a tema, e di certo "Lui" non poteva mancare. Il suo grande pregio però è sempre stato quello di non soffermarsi quasi mai su titoli arci-noti e arci-riletti, ma di cercare brani che davvero ben si adattano alle sue certo non comuni doti vocali. Nel caso di Bob Dylan addirittura assistiamo ad alcune variazioni sui testi, una lesa maestà che ha ottenuto il placet dell'autore, e che rappresenta un caso abbastanza raro, visto che gli interventi non si limitano solo a rendere al femminile l'io narrante, come spesso accade quando una donna canta canzoni di un uomo. File Under: Dylan-mania
In ogni caso il menu è per veri intenditori della materia, e pesca dall'album Oh Mercy Political World e What Was It You Wanted che vanno ad aggiungersi alla Everything is Broken che aveva già cantato nell'album Thankful n' Thoughtful del 2012 e alla Most Of The Time compresa nel tributo Chimes Of Freedom dello stesso anno. Da Empire Burlesque vengono invece una sorprendente Seeing The Real You At Last, e una già nativamente soul Emotionally Yours, mentre del giovane Dylan si riprendono qualche classico (abbiamo dunque una ennesima nuova versione di The Times They Are A-Changin`e di It Ain`t Me Babe, ma è vero che fatte così non le avevamo mai sentite), e Mama, You Been On My Mind.
Se dagli anni più recenti pesca solo la stupenda Ain't Talkin', è intelligente la scelta di non andare sull'ovvio virando a soul troppi brani del triennio cristiano, già abbondantemente rivistati in questa veste dal bellissimo disco Gotta Serve Somebody: The Gospel Songs of Bob Dylan del 2003, concedendosi solo una coraggiosa rilettura di Do Right To Me Baby (Do Unto Others) da Slow Train Coming, mentre azzeccate sono le scelte di una Going Going Gone che era stata recentemente esaltata anche da Gregg Allman, e quel mai abbastanza decantato capolavoro che è Don`t Fall Apart On Me Tonight da Infidels. Resta da dire della title-track, uno degli ultimi classici dylaniani che penso sia impossibile trasformare in qualcosa di brutto, ma anche di diverso, e di fatto la versione che apre il disco non si discosta troppo dall'originale.
Coadiuvata da una band che definire stratosferica non è certo una esagerazione (Larry Campbell, Pino Palladino, Leon Pendarvis e Steve Jordan che produce), da qualche intervento più che gradito di Keith Richards in una Political World virata a reggae, o di Trombone Shorty, Gil Goldenstein e Ivan Neville, la Lavette appronta un disco formalmente perfetto, sbaglia poche scelte, e torna così ai fasti di album come I've Got My Own Hell to Raise o The Scene of the Crime, dimostrando che forse l'argomento Dylan è talmente vasto da giustificare sempre nuove riletture.
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