The Steel Woods Old News [Woods Music 2019] thesteelwoods.com File Under: Southern Songs about Trump Era di Nicola Gervasini (21/01/2019) |
Le vecchie notizie del titolo del secondo album degli Steel Woods (nel 2017 era uscito Straw in the Wind) non sono tanto quelle della musica proposta (It’s only southern rock, but I like It avrebbe cantato Mick Jagger se fosse nato a Jacksonville), ma quelle di una società americana lacerata dalla presenza di un presidente che non piace a sinistra (ma questo era scontato), come a destra (e qui sta la novità del momento). Risiede in questo messaggio politico di ricerca di una nuova unità nazionale (“Potremmo bruciare tutto sulla TV del nonno, o smettere di puntare il dito e rimboccarci le maniche” cantano nella title-track), simboleggiata dalla Statua della Libertà in copertina, il senso di queste 15 canzoni che devono un qualcosa a tutti, e che a tutti restituiscono sotto forma di alcune significative cover.
Non so se faccia apposta o sia vera natura, ma la voce del leader Wes Bayliss davvero ricorda quella di Gregg Allman (esiste complimento migliore per un southern-singer?), che viene prontamente omaggiato con una Whipping Post che arriva nel finale, quando ormai hanno sparato tutte le proprie cartucce. Che sono fatte di classiche ballate sudiste (Without You), up-tempo vicini al blues (All Of These Years), splendide cavalcate dark puntellate dai violini (Wherever You Are), o echi dei Lynyrd Skynyrd più recenti (Blind Lover). Nulla di rivoluzionario, e tutto già sentito, nei giri come nelle soluzioni melodiche, ma tutto ben (ri)fatto. Funzionano anche le riletture, anche se a fare una versione southern-soul di Changes dei Black Sabbath c’era già arrivato Charles Bradley prima di loro, ma una lacrima scende per gli omaggi a Townes Van Zandt (ripescata addirittura quella The Catfish Song che chiudeva At My Window del 1987) e al chitarrista di Nashville Wayne Mills, (che noi ricordiamo anche al fianco di Jamey Johnson), ucciso da un barista con un colpo di pistola alla testa per una sigaretta fumata in un’area non-fumatori nel 2013 (avete in mente quel discorso sulle armi e la legittima difesa…), e di cui riprendono One of These Days.
E ancora, giusto per chiudere il cerchio sulle evidenti influenze, una band di Nashville non poteva dimenticarsi di infilare un brano di un gigante del country alternativo come Merle Haggard, di cui pescano da un disco degli anni ottanta il brano Are the Good Times Really Over (I Wish a Buck Was Still Silver), mentre il gran finale è affidato a Southern Accents di Tom Petty, dove l’accento del sud - che Tom diceva che i giovani del luogo chiamano patria, ma gli yankees chiamano idiota - è il simbolo di una nazione che non trova pace neanche sul linguaggio da usare. E chissà che le parole che aprono Old News possano invece servire anche a noi italiani, che di certe lacerazioni sociali cominciamo ad esserne esperti: “Puoi odiare tutti gli altri perché ti odiano, quando loro in fondo odiano solo il pensiero che tu stesso li odi, puoi gridare a tutti che sei rosso, bianco o blu, ma io non posso pensare che il pensare stesso sia ormai diventato una vecchia notizia”.
Non so se faccia apposta o sia vera natura, ma la voce del leader Wes Bayliss davvero ricorda quella di Gregg Allman (esiste complimento migliore per un southern-singer?), che viene prontamente omaggiato con una Whipping Post che arriva nel finale, quando ormai hanno sparato tutte le proprie cartucce. Che sono fatte di classiche ballate sudiste (Without You), up-tempo vicini al blues (All Of These Years), splendide cavalcate dark puntellate dai violini (Wherever You Are), o echi dei Lynyrd Skynyrd più recenti (Blind Lover). Nulla di rivoluzionario, e tutto già sentito, nei giri come nelle soluzioni melodiche, ma tutto ben (ri)fatto. Funzionano anche le riletture, anche se a fare una versione southern-soul di Changes dei Black Sabbath c’era già arrivato Charles Bradley prima di loro, ma una lacrima scende per gli omaggi a Townes Van Zandt (ripescata addirittura quella The Catfish Song che chiudeva At My Window del 1987) e al chitarrista di Nashville Wayne Mills, (che noi ricordiamo anche al fianco di Jamey Johnson), ucciso da un barista con un colpo di pistola alla testa per una sigaretta fumata in un’area non-fumatori nel 2013 (avete in mente quel discorso sulle armi e la legittima difesa…), e di cui riprendono One of These Days.
E ancora, giusto per chiudere il cerchio sulle evidenti influenze, una band di Nashville non poteva dimenticarsi di infilare un brano di un gigante del country alternativo come Merle Haggard, di cui pescano da un disco degli anni ottanta il brano Are the Good Times Really Over (I Wish a Buck Was Still Silver), mentre il gran finale è affidato a Southern Accents di Tom Petty, dove l’accento del sud - che Tom diceva che i giovani del luogo chiamano patria, ma gli yankees chiamano idiota - è il simbolo di una nazione che non trova pace neanche sul linguaggio da usare. E chissà che le parole che aprono Old News possano invece servire anche a noi italiani, che di certe lacerazioni sociali cominciamo ad esserne esperti: “Puoi odiare tutti gli altri perché ti odiano, quando loro in fondo odiano solo il pensiero che tu stesso li odi, puoi gridare a tutti che sei rosso, bianco o blu, ma io non posso pensare che il pensare stesso sia ormai diventato una vecchia notizia”.
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