giovedì 1 agosto 2019

BRIAN JONESTOWN MASSACRE

The Brian Jonestown Massacre
The Brian Jonestown Massacre
[
A Recordings/ Goodfellas 2019]
thebrianjonestownmassacre.com
 File Under: In Berlin, by the wall...

di Nicola Gervasini 
(30/04/2019)
Non è facile introdurre qualcuno oggi alla musica dei Brian Jonestown Massacre, band ormai giunta al diciottesimo disco (se non ho sbagliato i conti, naturalmente). La sigla rappresenta ormai di fatto il leader Anton Newcombe, unico sempre presente fin dalle cassette registrate nei primissimi anni 90, con cambi di formazione continui a seconda dell’instabile umore del padrone di casa. Una sorta di vate della psichedelia in ritardo di cinquant'anni, e il nome della band (dedicato a Brian Jones, con riferimento però al massacro di Jonestown del 1978), così come i titoli di alcuni loro album (Who Killed Sgt. Pepper?, Their Satanic Majesties' Second Request, My Bloody Underground) dicono già molto dello spirito che anima la band. La quale, dopo una carriera copiosa in termini di album, sembra essere arrivata a cercare una svolta, direi proprio una ripartenza, simboleggiata dal fatto di non aver dato un titolo al nuovo album come si fa solitamente con gli esordi.

Non so quanto i fan di vecchia data apprezzeranno, Newcombe infatti opera una sorta di normalizzazione del loro sound per affrontare il classico disco all’insegna del “facciamo un riassunto di quello che abbiamo fatto fino ad oggi”, operazione che prima o poi tocca a tutti. Suono grezzo e diretto quello scelto, sempre basato su fidi collaboratori come Joel Gione e il tuttofare Ricky Maymi, unici sopravvissuti al cambio di residenza del padrone di casa, che ormai vive stabilmente a Berlino. Siamo a di fronte ad un album che oggi suona come un vecchio recupero dell’alternative rock dei primi anni 90, con l’up-tempo alt-rock quasi radiofonico Drained ad aprire le danze, prima di una Tombes Oublieèes che potrebbe essere quello che avrebbero fatto i Velvet Underground in era shoegaze, con l’eterea voce di Rike Bienert a giocare a fare una Nico in francese. My Mind Is Filled With Stuff è invece uno strumentale infarcito di organi lisergici e chitarre fuzz che fa capire bene quale sia la roba usata per riempire la mente del titolo, mentre Cannot Be Saved è un indie-rock abbastanza classico e se vogliamo ormai banale, come anche A Word.

Il disco però ha una impennata con la bellissima ballata We Never Had A Chance, ipnotico giro immerso in mille riverberi e archi che dimostra tutta la grande capacità di Newcombe di saper ancora creare momenti evocativi. Le chitarre di Hakon Adalsteninsson dei Third Sound risaltano invece in Too Sad To Tell You, brano che ricorda molto i Dinosaur Jr quando riascoltano per l’ennesima volta un album di Neil Young, mentre più confusa la cavalcata rock di Remeber Me This, che anticipa il gran finale di What Can I Say. 38 minuti di luci e ombre dunque, in un album che ci fa riflettere su come certe canzoni che nei Novanta ci sembravano avanguardistiche, oggi suonino come reazionarie e puramente classic-rock. E un posto nella galleria del rock classico i Brian Jonestown Massacre se lo sono ormai guadagnato, e questo album omonimo, seppur non sarà annoverato tra i loro titoli più imprescindibili, sembra fatto apposta per capitalizzare tanto meritato prestigio.

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